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Calcio estero

Il Chelsea spende e spande e la UEFA è pronta a intervenire: sarà nuovamente rivisto il fair play finanziario?

“Fatta la legge, trovato l’inganno”. Spesso in Italia si utilizza questo modo di dire per spiegare la “capacità” di aggirare una regola o una legge, con una accezione di “furbizia” che può essere più o meno condivisibile, non stiamo a sindacare. Un proverbio che potrebbe riassumere molti casi riguardanti il calcio europeo, specialmente quando c’è da ragionare a livello economico per eludere il tanto temuto Fair Play finanziario.

Negli anni, infatti, abbiamo visto un po’ di tutto. Da sponsorizzazioni “farlocche” o gonfiate, conti riveduti e corretti, acquisti onerosissimi giustificati in maniera più o meno lecita e, nella sostanza, la UEFA che ha provato in tutti i modi a calmierare una situazione che, troppo spesso, rischiava di sfuggire di mano. Risultati? Interlocutori.

Nelle ultime settimane, tuttavia, la questione legata al FFP è tornata nuovamente in auge, per colpa del Chelsea. Il club londinese, passato di mano da Roman Abramovich allo statunitense Todd Boehly sta sbriciolando ogni record di spesa in fatto di acquisto di cartellini di giocatori. Dal mercato estivo in avanti, infatti, la società di Stamford Bridge ha staccato assegni per poco meno di mezzo miliardo di euro (460 milioni, euro più euro meno), e non appare minimamente sazia, dato che sta trattando (con ampi margini di riuscita) l’ecuadoriano Moises Caicedo per 65 milioni, senza dimenticare il “sogno” Enzo Fernandez per 127 circa.

La UEFA, a questo punto, ha drizzato le antenne. Come si possono spiegare questi fiumi di denaro in uscita dalle casse dei Blues? Ecco, dobbiamo riprendere in mano il “Fatta la legge, trovato l’inganno”. Gli inglesi stanno agendo in questo modo, ovvero facendo firmare contratti lunghissimi ai nuovi arrivati. Facciamo nomi e cognomi. Noni Madueke ha messo nero su bianco fino al 2030, mentre Mychajlo Mudryk addirittura fino al 2031. Per quale motivo? In questo modo il costo del cartellino viene spalmato su un arco temporale più lungo, rendendo meno pesante il bilancio.

Niente di illecito, ovviamente, ma si tratta di una opzione valevole solo per la Premier League. Nel campionato italiano, per esempio, non si possono firmare accordi più lunghi di 5 anni, mentre in Inghilterra, come si vede, la durata non ha limiti. Si tratta di una ennesima mossa per rendere la vita più facile ai club di Oltre-Manica. Sarebbe fondamentale equiparare quante più regole possibili a livello continentale, e non solo su questo aspetto. La UEFA sembra intenzionata a muoversi. Sarà una mossa di facciata o, per una volta, si farà davvero qualcosa sul Fair Play finanziario, e quindi renderlo davvero “fair”, ovvero giusto?

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