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Calcio italiano

Milan, che succede? I dolori del giovane Diavolo

I rossoneri sembrano piombati in una crisi profonda ma ciò non cancella tutto ciò che è stato fatto fino a ieri. Per rialzarsi servono tempo e tranquillità

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Stefano Pioli
Un perplesso e preoccupato Stefano Pioli osserva inerme la disfatta del suo Milan contro la Lazio (©LaPresse)

Ora tutti a invocare Zaniolo. A chiedere la testa di Pioli. Gli scalpi di Maldini e Massara. Ma siamo sicuri che la crisi del Milan debba avere per forza un colpevole? Non è forse possibile che la squadra abbia dato tutto quello che ha, forse ottenuto qualcosa di più rispetto al suo reale valore, e ora stia semplicemente tirando il fiato? Il calcio è uno sport (o meglio un gioco) strano. Basta poco per cambiare il destino dei suoi protagonisti, per trasformarli da idoli ed eroi a tristi schiappe che non meritano il loro stipendio.

È prassi consolidata, soprattutto in Italia, dimenticare in fretta quanto di buono fatto da società e calciatori con la stessa rapidità con cui un fulmine si schianta su un albero. Ma il calcio è questione di alchimia. Di momenti. Di cuori, teste e gambe che girano all’unisono. A volte si crea qualcosa di indefinito all’interno di uno spogliatoio per cui ti senti più forte di tutti e in campo diventi invincibile. Come al Napoli quest’anno, come al Milan nella stagione passata. Come a tante altre squadre in tanti momenti della storia di questo gioco affascinante e misterioso. Penso al Chelsea di Di Matteo capace di vincere la Champions League o al Leicester di Claudio Ranieri che conquistò la Premier League davanti a colossi come il Manchester City di Guardiola. Altre volte, invece, perdi il bandolo della matassa e non sai nemmeno il motivo. Qualcosa si rompe. Così, all’improvviso. E nessuno ha colpe particolari. È come un clic, che interrompe la magia.

Il cuore oltre l’ostacolo

Ecco, penso che al Milan sia successo questo. Che un gruppo di bravi calciatori abbia buttato il cuore oltre l’ostacolo sfruttando al meglio l’opportunità che l’anno scorso gli si è parata dinanzi, ossia un’Inter incapace di chiudere i conti scudetto e accartocciatasi pian piano su se stessa. Un gruppo giovane (se togliamo Mirante, Tatarusanu e Ibra l’età media è 25 anni), ben costruito e costato poco grazie alla riduzione degli ingaggi e alla rinuncia di coloro che chiedevano la luna (vedi Donnarumma e Calhanoglu). Un capolavoro, considerando come era apparecchiato il Milan fino a tre anni fa. E si badi bene, parliamo del 2020, quando il ritorno ad alti livelli del Diavolo sembrava ancora un miraggio. Non parliamo di ere preistoriche ma di circa 800 giorni, la maggior parte dei quali ha regalato soddisfazioni ai tifosi rossoneri. In primis il tricolore dello scorso maggio, arrivato dopo lo 0-3 di Sassuolo. Il 19esimo.

Ora, è chiaro che dopo il Mondiale qualcosa non stia funzionando. La vittoria di Salerno è stata l’unica gioia finora per il Milan che poi si è inceppato rovinosamente, prima pareggiando con Roma e Lecce, poi cedendo di schianto a Torino (in Coppa Italia), Inter (in Supercoppa) e Lazio. Ma il circo mediatico che si sta scatenando intorno a Pioli, Maldini e Massara è un malcostume che andrebbe abolito. E al più presto. Un circo in cui i meriti degli avversari non esistono, la dirigenza è incompetente, l’allenatore va cambiato e il mercato è l’unica soluzione possibile. Tutto per cinque, sole, partite. Che hanno cancellato, come un semplice colpo di spugna, il grande lavoro fatto negli ultimi anni.

Keep calm, be quiet

Il succo, quindi, qual è? Semplice: date tempo al tempo. Il Milan di Pioli è forte e sa giocare a calcio. Ma adesso, per tanti motivi contingenti, non sta girando. Hernandez e Giroud sono la brutta copia di loro stessi, cosa che può capitare nel post Mondiale; soprattutto se perdi una finale ai rigori. Leao è scarico e magari distratto dalle questioni contrattuali. Tomori è affaticato dopo un anno a mille all’ora. Kalulu (che è un 2000) sta imparando sulla propria pelle quanto sia complicato affrontare i momenti difficili in una grande squadra. De Ketelaere è talmente sotto pressione che quando scende in campo sembra quasi non volersi trovare lì. E “Magic” Mike Maignan, forse il miglior portiere della Serie A, è ancora fermo ai box. Insomma, per tornare a difendere come si deve il tricolore che ha sul petto al Milan serve tranquillità. Per poter essere quella squadra spensierata e sbarazzina capace di imporsi (o quasi) su tutti. Non c’è altra ricetta per superare i dolori del giovane Diavolo.

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