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Calcio italiano

Bene la tranquillità, ma urge una cura per il Diavolo malato

Non bisogna dare giudizi affrettati ma il momento negativo del Milan ha origine lontane. Il mercato estivo, in primis, non ha funzionato. Ora serve una sterzata per salvare la stagione

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Federico Massara e Paolo Maldini
Federico Massara e Paolo MAldini premiati per la vittoria dello scudetto: sembrano passati secoli ai tifosi del Milan (©LaPresse)

Paolo Maldini predica calma. E ha ragione. A domanda diretta sul destino di Stefano Pioli, il direttore sportivo del Milan ha risposto abbozzando un sorriso: “Ragazzi, speravo che questa domanda non me la faceste. Certo che Pioli non è in discussione”. Giustissimo così, perché il credito accumulato dal tecnico emiliano non può e non deve bruciarsi nel giro di un mese. Però se il Diavolo è malato (e lo è, perché questo dicono i dati delle ultime prestazioni, oltre ai risultati) allora urge trovare una cura per guarirlo. La pena da pagare, se ciò non accadesse, sarebbe troppo alta. Perdere la Champions League, per esempio, sarebbe un colpo durissimo. Un macigno per le casse rossonere, oltre che il morale di club e calciatori. E allora bisogna rimboccarsi le maniche affinché la stagione non finisca per essere compromessa del tutto.

Il Pioli pensiero: “Vorrei già essere a Milanello a lavorare sul campo”

Stefano Pioli avrà anche le sue colpe ma di certo non è uno che si tira indietro. Ci ha sempre messo la faccia, anche nei momenti più bui come il 5-0 subito per mano della Dea a Bergamo il 22 dicembre 2019. E ha sempre saputo risollevare il morale della truppa, trovando il bandolo della matassa e, soprattutto, la soluzione tattica giusta per riemergere dalle difficoltà. Questa volta, però, pare essersi incartato su se stesso. Un po’ come successe l’anno scorso a Simone Inzaghi quando il Milan mise la freccia per sorpassare i cugini nerazzurri per non guardarsi più indietro.

In discussione, più che il modulo, ci sono gli interpreti e ciò che in questo momento riescono a dare alla squadra. Il Milan post Mondiale corre troppo poco e male sul campo (è 14° in Serie A in questa speciale classifica). Le avvisaglie c’erano state già durante la tournée invernale in Olanda, con una serie di scoppole del tutto inaspettate. Chiaro, nessuno ci ha dato tanto peso. Il pensiero è stato: “Sono semplici amichevoli, quando tornerà il campionato tutto tornerà come prima”. E a dire il vero dopo il primo tempo con la Salernitana in molti avranno pensato di averci visto giusto. Poi, all’improvviso, qualcosa è cambiato. Proprio come nel film con Jack Nicholson. Quegli ultimi 20′ di Salerno sono stati il primo campanello d’allarme, cui hanno fatto seguito gli ultimi scellerati 10′ con la Roma. Da lì il Milan ha perso sicurezza, incespicando col Lecce, perdendo in coppa col Torino e squagliandosi via via.

Questione di testa, più che di gambe. Eppure…

Già, perché se nelle prime uscite i problemi si erano visti nei finali di gara, con Lecce, Inter e Lazio il dilemma (o per meglio dire, il dramma) è diventato l’approccio alle partite. Pessimo in tutte e tre le occasioni: autorete di Hernandez dopo 3′, gol subito da Dimarco dopo 10′, rete di Milinkovic dopo 4′. Come dire: partiamo sempre sotto 1-0. A quel punto, con il morale sotto i tacchi, è stato quasi sempre impossibile rimontare e venirne fuori. Solo al Via del Mare, contro un avversario più abbordabile, è riuscita la remuntada. Nonostante questo Pioli ha insistito su uomini e modulo, senza uscire dai binari del 4-2-3-1 e del suo calcio sbarazzino. Una scelta che lascia qualche dubbio, perché magari con due linee difensive più strette e un po’ di fisicità in più (De Ketelaere per Diaz o Messias oppure Krunic da trequartista, come successo spesso l’anno scorso) la squadra si sarebbe allungata meno e avrebbe potuto giocarsela di più.

Certo le attenuanti ci sono. In primis, il tempo. La crisi del Milan è iniziata 20 giorni fa: il campione che stiamo esaminando non è del tutto attendibile e oggettivo. Alcuni dati possono esserlo (vedi il 14° posto nella classifica di chi corre di meno), altri certamente no (non avremo mai la riprova che, cambiando questo o quel giocatore, sarebbe andata diversamente). In secondo luogo Pioli non ha quasi mai potuto contare su Maignan, out dal 22 settembre per infortunio, ed è alle prese con le condizioni non ottimali di Theo e Giroud, rientrati dopo un dispendiosissimo Mondiale. Infine l’attenuante più importante: il mercato. Perché non avere rimpiazzato adeguatamente Kessie è forse l’unica vera grande colpa che si può dare a questo Milan.

Il mercato mancato e la cura

Thiaw, Dest, Vranckx, Adli, De Ketelaere e Origi. Sono stati questi i rinforzi portati in dote a Pioli da Maldini e Massara dopo il tironfo tricolore. Tutti buoni giocatori, sia chiaro. Alcuni dei quali di grande prospettiva. Ma l’addio di Kessie, probabilmente, in via Turati è stato sottovalutato. Il duo dinamismo, la sua forza fisica, il suo carisma stanno mancando tremendamente al Milan. Pioli, l’anno scorso, aveva fatto vestire all’ivoriano i panni del trequartista nelle gare (e nei momenti) in cui c’era da battagliare e soffrire. La sua corsa e la sua maturità calcistica (è un classe 1996) avevano permesso al Diavolo di giocare spezzato quasi in due, con l’attacco lontano da centrocampo e difesa. Cosa che in questa stagione il Milan non si può più permettere. Se a questo aggiungiamo che De Ketelaere, fiore all’occhiello del mercato, pagato 35 milioni di euro, non si sta integrando… Beh, la frittata è fatta.

Ma come dice Maldini, il tempo per rimettere le cose a posto c’è. E come dice Pioli, il problema sono anche le aspettative intorno alla squadra. Nel 2021-22 il Diavolo girò l’andata a quota 42 punti, a -4 dall’Inter e soprattutto a +4 rispetto ad oggi. I 38 punti raccolti non sono pochi, valgono il secondo posto dietro a un Napoli che sta facendo un campionato a sé stante. La vittoria dello scudetto ha alzato l’asticella da parte di tutti, stampa e tifosi in primis. Ma l’unica cosa che conta è difendere il punticino di vantaggio che i rossoneri hanno su Inter, Lazio e Roma per restare in zona Champions League. E per farlo serve una cura per questo Diavolo malato. Sta a Pioli trovarla. Con tranquillità ma in fretta. Perché il calcio, purtroppo, non ti dà tempo.

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