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Bologna e il suo bomber del futuro: è ora di cambiare mentalità

Di giovani bravi, in Serie A, ce ne sono tanti. Il problema è come vengono gestiti. L’esempio del centravanti rossoblù, classe 2004, è emblematico

Antonio Raimondo
Antonio Raimondo, attaccante del Bologna

Nel Bologna di Thiago Motta che vince e convince c’è uno strano caso. Quello di Antonio Raimondo, centravanti classe 2004. Già, perché nei giorni in cui si parla tanto di Tommaso Baldanzi, classe 2003 dell’Empoli salito agli onori delle cronache grazie ai suoi 4 gol in Serie A, l’ultimo dei quali a San Siro con l’Inter, è giusto parlare anche di come il calcio italiano in quanto a giovani debba cambiare mentalità. Di ragazzi italiani bravi, infatti, ce ne sarebbero tanti. Anzi, tantissimi. Il problema è come vengono gestiti, dalle società e dagli allenatori. Raimondo è l’emblema di questo problema, perché se non lanciamo calciatori come lui, allora, è davvero finita.

Chi è Antonio Raimondo

Raimondo è un attaccante centrale di appena 18 anni. Mancino, pesa 71 kg ed è alto 184 cm. Nato a Ravenna, ma di origini pugliesi, sbarca sotto le Due Torri dopo il fallimento del Cesena nella stagione 2018-19, in Under 15. Complice un fisico non ancora pienamente sviluppato, l’inizio in rossoblù è faticoso. Già l’anno successivo, però, il ragazzo comincia a far intravedere il suo reale potenziale, crescendo partita dopo partita.

Infatti è anche grazie ai suoi gol che il Bologna sfiora il titolo con l’Under 17 nel 2020-21 (sconfitta in semifinale con il Genoa) e con l’Under 18 nel 2021-22 (ko in finale con la Spal, dove Raimondo segna pure). E al suo primo anno in Primavera 1, giocato sotto età, realizza 12 gol, per poi disputare la sua prima gara dal 1′ in Serie A contro il Genoa nell’ultima di campionato dopo l’esordio dell’anno prima a Verona.

I suoi splendidi numeri lo portano in Nazionale. La scorsa estate Raimondo disputa da titolare i Giochi del Mediterraneo con gli azzurri Under 18 del Ct Franceschini, segnando 6 gol contro Portogallo, Grecia e Marocco. Non pago, pochi giorni dopo spicca il volo verso la Nazionale Under 19 di Alberto Bollini (5 presenze e 2 gol anche qui, contro Albania e Ungheria) e infine verso l’Italia di Roberto Mancini, per lo stage di dicembre. La cosa incredibile è quest’ultima convocazione arriva nonostante Raimondo, con il Bologna di Mihajlovic e Motta, non abbia mai messo piede in campo.

Zero minuti da settembre ad oggi: possibile?

Thiago Motta, intervistato nei giorni scorsi, ha dichiarato: “Raimondo non ha la testa giusta adesso, per questo non gioca”. Sia chiaro, le scelte di un allenatore che vede tutti i giorni un giocatore sul campo sono difficili da discutere. Qui, però, il problema è un altro. Raimondo, dopo la fantastica stagione 2021-22 ha firmato un contratto fino al 2027. Segno che il Bologna crede in lui fermamente. Lui ha ripagato la fiducia facendo pochissimi giorni di vacanza e magari aspettandosi di trovare spazio nel corso dell’anno. Solo che Sansone e Barrow sono rimasti, poi è arrivato Zirkzee come vice Arnautovic. Risultato: ad oggi, 27 gennaio 2023, Raimondo non ha mai messo piede in campo in Serie A.

E qui arriviamo al punto. Secondo voi un ragazzo di 17 anni che accarezza il sogno di avercela fatta, di essere diventato un calciatore da Serie A, e si ritrova in una situazione come questa, non rischia di perdere la testa? Dargli fiducia sul campo, con spazio e minuti sin da subito, non sarebbe stato meglio? Pare di no. Anzi, Motta (fin qui bravissimo, sia chiaro) ha pensato bene di lasciarlo a sedere 90′ contro Roma e Atalanta e di non convocarlo nemmeno per le gare con Lazio (Coppa Italia), Cremonese e Spezia in un momento in cui il Bologna era praticamente senza attacco per gli infortuni di Arnautovic e Zirkzee, poi di Sansone.

Sarà un caso ma Raimondo, quest’anno, sta faticando anche in Primavera, dove ha segnato (solo) 5 gol in 13 partite. E infatti tutti ora sono convinti che non sia pronto per la Serie A. Quindi Mancini e i Ct delle Nazionali giovanili sono tutti matti, fateci capire…

Il caso di Baldanzi, Fazzini e Degli Innocenti

Il problema però è tutto qui. Nessuno, a parte i fuoriclasse, è pronto per la Serie A. Per lanciare un giovane serve il coraggio di farlo giocare. Punto e basta. Solo così si potrà capire se è davvero all’altezza. Il resto è un mero esercizio di stile da parte dell’allenatore. E basta con questa storia del “bruciare” i giovani; non se ne può più. Fazzini e Degli Innocenti, due classe 2003 compagni di Primavera di Baldanzi, sono un esempio in tal senso: l’anno scorso l’Empoli ha chiuso il campionato a pari punti con il Bologna, però loro tre sono nella rosa della prima squadra e stanno trovando spazio.

Possibile che tutti i giocatori della Primavera dell’Empoli siano più forti di quelli del Bologna? La risposta è semplice: no, non è possibile. La fiducia, e di conseguenza la “testa”, fa sempre la differenza. Chiedete a Baldanzi. Oppure a Gnonto, che per diventare un calciatore affermato è scappato dall’Italia. E ora gioca in Premier League.

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