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Calcio italiano

Lavagna tattica – Milan: quando il coraggio diventa mancanza di umiltà

Contro il Sassuolo la squadra di Pioli ha giocato costantemente nella metà campo neroverde, non curando le distanze tra i reparti. Risultato: è stata presa a pallate. In questo momento serve una rivoluzione tattica

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Davide Calabria
Davide Calabria, capitano del Milan, con le mani tra i capelli (©LaPresse)

Il calcio è uno sport strano. Ci sono momenti della stagione in cui tutto funziona. Altri in cui niente gira per il verso giusto e si perdono le proprie certezze. E’ in questi momenti che un allenatore deve avere la forza di rimettere tutto in discussione. Ma proprio tutto. Stefano Pioli è in questa situazione. E si ritrova a un bivio.

La fragorosa caduta di San Siro con il Sassuolo (2-5) ha detto questo: il suo Milan non può continuare a giocare il calcio che gli ha permesso di vincere lo scudetto 2021-22. Accettando i duelli a tutto campo, con la pressione alta sui portatori di palla avversari e cercando di imporre il proprio gioco. La testa dei suoi calciatori, ad oggi, non glielo permette. Proseguire con questo calcio aggressivo equivarrebbe a un suicidio sportivo, con il rischio di prendere scoppole da chiunque. E di buttare una stagione.

L’analisi della sfida con il Sassuolo

La sensazione che ha lasciato a tutti la debacle col Sassuolo è stata quella di un Milan surclassato in ogni zona del campo. Ma se si guardano i dati non è così. Il Milan ha sempre avuto in mano il pallino del gioco, chiudendo con il 61% di possesso palla, sia nella propria metà campo che in quella avversaria. Solo nella fase centrale del primo tempo (16′-30′) e nei primi 15′ della ripresa la squadra di Dionisi è riuscita a gestire meglio il pallone, avvicinandosi o addirittura superando nel possesso i padroni di casa. Guarda caso i momenti chiave del match, ossia quando è arrivato l’uno-due Defrel-Frattesi che ha spaccato la gara e subito dopo il 4-1 di Laurienté su rigore (guarda gli highlights).

Questi dati denotano l’incapacità del Milan di reagire alle difficoltà, come evidenziato anche da Pioli nel dopo partita. Un difetto che a una squadra giovane come quella rossonera si può anche concedere, ieri in campo con una coppia di centrali (Kalulu e Gabbia) che insieme conta 45 anni e altri tre giocatori non proprio esperti (Tonali, De Keteleare e Saelemaekers). Soprattutto nel momento in cui i veterani faticano così tanto.

Hernandez, Calabria e Rebic, preferito al fumoso e involuto Leao di questi tempi, sono stati incapaci di trasmettere quella serenità che sarebbe servita per rimettere a posto il match (che a onor del vero era stato approcciato meglio del Sassuolo). Anzi, sono stati i peggiori in campo. Solo Giroud ha lottato come un leone su tutti i palloni, cercando di dare l’esempio e di invertire la rotta. Lo dicono i suoi numeri: 9.971n km percorsi (che per un centravanti sono tanti), 3 tiri in porta, 1 gol, 30 palle giocate, 12 passaggi riusciti con il 60% di precisione e 3 recuperi. Non è bastato.

Abbassare il baricentro, l’unica soluzione

L’altro dato su cui deve riflettere lo staff tecnico del Milan è l’occupazione degli spazi. Sia in fase di possesso che di non possesso. Il Diavolo ha impostato la gara per dominare il gioco, cercando di mettere subito pressione a un Sassuolo sbarcato a San Siro con tanti cattivi pensieri. Se sullo 0-0 il gol di Giroud su cross di Hernandez non fosse stato annullato per fuorigioco forse la partita sarebbe cambiata, perché a quel punto i neroverdi avrebbero dovuto alzare il proprio baricentro. Ma se si guardano le heatmap e le posizioni medie della Lega Serie A è evidente che nell’arco dei 90′ i rossoneri abbiano sempre tenuto alta la propria linea difensiva, esponendo il fianco alle ripartenze di Berardi e compagni.

Se a questo si aggiunge la scarsa propensione a curare le distanze di gioco non solo tra i reparti ma anche tra i singoli giocatori, si arriva in fretta ai primi due gol subiti: nel primo basta un cambio campo per aprire le acque nella difesa milanista, nel secondo un fraseggio nel breve che non trova alcuna opposizione.

Esempi lampanti di come in questo momento serva altro per risalire la china. Imporre il proprio gioco è utopia, così come tenere la linea alta e pressare il portatore di palla. Il coraggio, senza sacrificio, si trasforma in mancanza di umiltà. E allora la soluzione è abbassare il proprio baricentro per ricompattare le linee. A prescindere dal modulo. Perché continuando a subire più di 2 gol a partita (sono 18 nelle ultime 8 gare) non è pensabile. E domenica 5 febbraio c’è il derby con l’Inter.

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