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Serie A, il rischio del crack: diritti tv in forte ribasso

La questione legata ai diritti tv della Serie A spiega perfettamente la crisi del calcio italiano

“Houston abbiamo un problema”. Anzi no, probabilmente è più accurato dire: “Calcio italiano abbiamo un problema”. Parafrasando la celebre frase degli astronauti della Apollo 13, vale decisamente la pena analizzare la situazione del pallone nostrano dal punto di vista dei diritti televisivi. Inutile nascondersi dietro ad un dito. Questi soldi sono l’ago della bilancia del cacio mondiale giunti nel 2023. Chi lavora bene e ha modo di proporre un prodotto di qualità, incassa moneta sonante; chi, invece, mal gestisce il proprio orticello, deve andare al ribasso, e prendere quel che passa il convento. Nel caso dell’Italia, ovviamente, barrare l’opzione B.

Proposta Lotito ko

L’ultimo campanello d’allarme (e, va detto, di una notevole intensità) è arrivato nelle scorse ore. Il Senato, infatti, ha cancellato il comma 5-bis dell’articolo 16 del decreto Milleproroghe che estendeva da 3 a 5 anni la concessione dei diritti televisivi sulle manifestazioni sportive. Un tentativo “last minute” dei nostri dirigenti calcistici (capeggiati da Claudio Lotito) per allungare il brodo il più possibile. Nel senso, mantenere la situazione attuale. Uno status quo che, nelle idee iniziali, doveva servire a limitare i danni, in vista di una nuova discussione dei diritti tv della Serie A che, invece, sarebbe da mettersi le mani nei capelli.

Offerte al ribasso

Com’è la situazione attuale nel campionato italiano? I diritti tv sono tutti di DAZN che, per il pacchetto 2021-2024 ha sborsato 840 milioni di euro. A questi si aggiungono i 70 di Sky (che trasmette 3 partite a turno in contemporanea) per un totale di 910 milioni. Il poco appeal della Serie A, e una concomitante asta per la rinnovata Champions League (con un maggior numero di partite e un fascino impareggiabile) hanno fatto capire in largo anticipo che tali cifre sarebbero state un miraggio, o quasi. A questo punto la mossa del tentativo di proroga. Naufragato. E ora sono guai. Secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, le offerte non dovrebbero valicare gli 800 milioni complessivi. In caso di retrocessione della Juventus (per le ben note vicende extra-campo) tali valori sarebbero sensibilmente rivisti verso il basso. Come dicevamo in precedenza? Serie A, abbiamo un problema. Di notevole entità, tra le altre cose…

Diritti tv in chiaro

Come se non bastasse, TIM sembra essere uscita di scena, per cui DAZN rimane sola ed in alto mare. Sky non appare intenzionata a buttarsi in spese folli, per cui si studiano opportunità differenti. Tra le varie chance ventilate nelle ultime ore, si è fatta largo anche quella della possibilità di Rai e Mediaset di acquisire i diritti tv, nel caso il prossimo bando aprirà alla trasmissione di partite in chiaro. Secondo quanto rivelato da Milano Finanza, Mediaset sarebbe pronta a stanziare una fetta di 200 milioni di euro in caso di gare da trasmettere in chiaro. Un’ipotesi avvallata anche dal Governo che sta iniziando a capire come il sistema non navighi certo in buone acque.

Confronto imbarazzante

Non ha nemmeno più senso porre paragoni tra quanto incassa la Serie A italiana e quanto invertono le altre leghe più importanti. Mentre una Premier League valica ormai i 3 miliardi di euro, come abbiamo visto nei nostri confini ci stiamo sempre più allontanando da quota uno, quella che appariva inevitabilmente pronta a crollare già alcuni anni fa. La situazione è questa. Prendere o lasciare. Ma, come è importante sottolineare, la colpa non è certo dei club inglesi, l’abbiamo tutta noi. O, per meglio dire, i nostri dirigenti, ad ogni livello. In Inghilterra sta pagando dividendi (enormi) il lavoro fatto negli anni scorsi. Dalla nascita della Premier League in avanti, i sudditi di Sua Maestà non hanno sbagliato una mossa. Ora hanno il campionato più seguito del mondo, con gli investitori più munifici del globo, i calciatori più appetibili e potremmo andare avanti così per altri minuti. Stadi perfetti, regole certe e la voglia di fare “sistema”.

Il calcio italiano annaspa

La parola “sistema” nella lingua italiana esiste, ma non quando si parla di calcio. Da ormai troppi anni chi dirige lo sport più amato del Bel Paese, dai presidenti delle società a Lega e FIGC, non ha fatto altro che pensare al proprio orticello, fare la guerra al rivale X o Y e mai, ripetiamo “mai”, provare a ragionare sul lungo periodo e/o in maniera costruttiva. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Lampanti e dolorosi. Assenza quasi totale di stadi di proprietà, impianti vecchi, obsoleti e quasi sempre vuoti, club in difficoltà economiche e sempre più depauperati a livello tecnico. Un sistema, ecco di nuovo quella parola, che fa acqua da tutte le parti e che appare anni luce indietro al resto d’Europa nella capacità di agire, reagire, ricostruirsi e rilanciarsi. La questione dei diritti tv è solamente la cartina tornasole del movimento. Come dicevamo prima? Houston, lo ripetiamo, abbiamo un problema…

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