Un Napoli scintillante, quello che stiamo vedendo in questo 2022/2023. Una macchina perfetta, quella costruita da Luciano Spalletti, che veleggia spedita verso il terzo scudetto che, a quattordici giornate dalla fine, è sempre più vicino. Il tecnico di Certaldo ha ormai trovato alcuni punti cardine di questa squadra: Osimhen ormai incontenibile per qualsiasi difensore, Kvaratskhelia un diamante splendente nella nostra Serie A. Ma tra i vari giocatori, ce n’è uno che è ormai irrinunciabile: Giovanni Di Lorenzo.
Se già nel biennio passato prima agli ordini di Carlo Ancelotti e poi di Gennaro Gattuso si era imposto come un ingranaggio importantissimo, il suo valore è accresciuto ancora di più negli ultimi diciotto mesi. Tanto che Spalletti non ha mai voluto rinunciare a lui: negli ultimi diciotto mesi ha saltato solo sei partite, quattro a causa di un infortunio al ginocchio che lo tenne fuori per quasi tutto aprile, e solo una volta è partito dalla panchina.
Che storia per un calciatore che, soltanto otto anni fa, sembrava destinato alla periferia del grande calcio. Di Lorenzo, cresciuto come attaccante nelle giovanili della Lucchese (tanto da essere chiamato Batigol da ragazzo), ha arretrato piano piano la propria posizione trasformandosi in terzino di spinta. Ma dopo due anni con la Reggina, il fallimento dei granata sembrava avergli chiuso le porte del grande calcio già nel 2015.
Di Lorenzo però non ha mollato, continuando a lavorare sui propri fondamentali. Accettando il trasferimento a Matera, di nuovo in terza serie. Altri due anni a sbuffare sulle fasce dei campi di Lega Pro, facendosi notare per la sua corsa, la duttilità ed anche un discreto piede. E l’Empoli, sempre attento al talento, lo ha voluto con sé. Diventando, piano piano, uno degli artefici della promozione nel 2017/18 e imponendosi come uno dei migliori esterni italiani al suo primo anno di massima serie. In maniera forse inaspettata. Per tutti, ma non per lui e le sue gambe da quattrocentista.
Una scalata progressiva, che lo ha portato in una delle squadre più importanti d’Italia, con una delle tifoserie più calde di tutto lo Stivale. Poteva accontentarsi, sentirsi arrivato. Invece non lo ha fatto, forse pungolato anche dai nasi arricciati dei supporters che non vedevano in lui un rinforzo ma un ottimo comprimario. Un’altra prova da superare, l’ennesima, che Giovanni ha accettato di buon grado, diventando un pezzo sempre più importante nello scacchiere dei suoi allenatori. Fino a prendersi un posto anche in Nazionale, conquistando da titolare il titolo di campione d’Europa. Fino ad arare la fascia anche in Champions League, in una squadra che quest’anno mette paura a chiunque nel Vecchio Continente.
Il tutto senza specchiarsi, continuando a lavorare a testa bassa, come ha sempre fatto. Con la stessa attitudine ad ogni allenamento, che fosse agli ordini di Luciano Spalletti o Gaetano Auteri. Sempre con l’umiltà che gli ha fatto accettare di ripartire dalle serie minori, rimanendo concentrato sul sogno di emergere. Un sogno realizzato, con gli interessi. Diventando uno dei migliori interpreti mondiali nel ruolo di terzino destro.
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