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Koleosho, Retegui, Zapelli: i nuovi oriundi dell’Italia. Si pesca all’estero per tornare grandi

I tre ragazzi sono solo gli ultimi “stranieri” di una lista destinata ad allungarsi da qui a Euro 2024. La speranza è che la politica intrapresa dalla Figc dia i frutti sperati

Roberto Mancini e Giacomo Raspadori
Foto Fabio Ferrari/LaPresse 26 Settembre 2022 - Budapest, Ungheria - sport, calcio - Ungheria vs Italia - Uefa Nations League - Gruppo C Giornata 6/6 - Stadio Puskas Arena Park.Nella foto: Giacomo Raspadori (Italy)esulta dopo la rete gol 0-1 con Roberto Mancini Coach (Italy) September 26, 2022 Budapest, Hungary - sport soccer- Uefa Nations League - Group C 6/6 - Stadium Puskas Arena Park.-Park.In the pic:Giacomo Raspadori (Italy)celebrates after gol 0-1

Gli oriundi per tornare grandi. La strada intrapresa dalla Figc sembra ormai tracciata. Le pre convocazioni del Ct Roberto Mancini, così come quelle dei colleghi delle under, non lasciano dubbi: Luca Koleosho, Mateo Retegui e Bruno Zapelli sono solo gli ultimi tre “stranieri” di una lista destinata ad allungarsi da qui a Euro 2024. Una politica che la Federazione, di concerto con i suoi staff tecnici, sta mettendo in atto per via di alcuni dati allarmanti: su tutti quello relativo ai calciatori italiani che arrivano a calcare i grandi palcoscenici, troppi pochi per sperare di rilanciare un movimento che ha fallito due volte di fila l’appuntamento con il Mondiale.

Di chi sia la colpa è difficile dirlo. Da un lato c’è la Federazione, dall’altro i club. Ognuno ha le sue necessità ed è difficile, soprattutto in uno Stato come l’Italia che ha ben altri problemi al di là di quelli del mondo sportivo, riuscire a trovare una soluzione che soddisfi tutti. I ragazzi di qualità, a dire il vero, in Italia non mancano. Le nostre Nazionali giovanili ottengono ancora risultati discreti ma ciò che salta all’occhio è la differenza con il passato: se un tempo gli azzurrini dell’Under 21 potevano contare su giocatori come Cannavaro e Nesta, già titolari nei rispettivi club di appartenenza a quell’età, oggi non è più così.

Lo spazio per i giovani italiani in Serie A si è ridotto drasticamente ma di base sono le società a non credere in loro. Fino al campionato Primavera il numero di giocatori di casa nostra è tutt’altro che basso, solo che quando si arriva al momento del salto in prima squadra si prendono altre strade. Sono rari i casi di club che puntano sui propri ragazzi “senza se e senza ma”, a prescindere da tutto. L’Empoli, forse, è l’unico caso di settore giovanile virtuoso in ottica azzurra. Ecco perché la Federazione e Mancini hanno scelto la strada degli oriundi. E non solo per la Nazionale maggiore.

Koleosho, Retegui, Zapelli: i nuovi oriundi

Mateo Retegui non è di primo pelo. Classe 1999, di mestiere fa il centravanti. E’ nato a San Fernando, in Argentina, ma grazie a un nonno di Canicattì (Sicilia) ha la doppia cittadinanza. Cresciuto nel Boca Juniors, che detiene ancora il suo cartellino, ha fatto il suo esordio in prima squadra nel 2018, per l’esattezza il 17 novembre 2018 nella vittoria contro il Patronato (1-0 il risultato finale). Visto il poco spazio a disposizione, nelle ultime stagioni è stato mandato a fare esperienza in prestito prima all’Estudiantes poi al Talleres, dove ha fatto intravedere le sue potenzialità siglando 8 reti complessive.

L’esplosione definitiva che ha acceso i riflettori della Nazionale azzurra su di lui è arrivata nel 2022 con la maglia del Tigre: dopo i 23 gol realizzati l’anno scorso in 42 presenze il ragazzo non si è più fermato e nel 2023 è già a quota 6 in 7 partite. Il Ct Roberto Mancini lo ha pre convocato in vista delle partite di qualificazione a Euro 2024, proprio come ha fatto con altri due oriundi: Luca Koleosho, esterno offensivo classe 2004 che attualmente milita in Spagna nell’Espanyol (leggi l’articolo su di lui), e Bruno Zapelli, centrocampista centrale di due anni più “vecchio”.

Se il primo è un autentico giramondo in virtù dei suoi quattro passaporti (italiano, americano, canadese e nigeriano), il secondo è un connazionale di Retegui e gioca nel Belgrano, club con cui ha collezionato 74 presenze e 3 gol in quattro stagioni. Nato a Carlos Paz, in provincia di Cordoba, è cresciuto calcisticamente in Spagna alla corte del Villareal prima di fare ritorno nel suo Paese ed esordire nella Primera B Nacional, la Serie B argentina. Nel 2023 è arrivato il salto in Primera Division e ha disputato 5 partite, quasi tutte da titolare.

Le sue caratteristiche? Buoni piedi, ottime linee di passaggio e capacità di farsi trovare tra le linee. Fisicamente non è un gigante (è alto 181 cm) ma per il ruolo che ricopre, il trequartista, va più che bene. L’idolo è Juan Riquelme, “El diez” del Boca. Ha già militato nelle Nazionali giovanili argentine (Under 15 e Under 17) ma di recente è stato convocato dall’Under 21 di Paolo Nicolato per le amichevoli contro Serbia e Ucraina di fine marzo. Ora è giunta la pre convocazione di Mancini, vedremo cosa deciderà di fare.

Dal “Mumo” Orsi a Camoranesi, una politica rischiosa

Del resto la storia tra gli oriundi e l’Italia risale a tempi antichi. Fin dai suoi albori, infatti, la Nazionale azzurra li ha accolti senza riserve. A  volte hanno dato tanto, anzi tantissimo. Basta pensare agli oriundi campioni del mondo nel 1934 (Orsi, Guaita, Demaria, Guarisi e Monti) o nel 1938 (Andreolo). Con altri grandi giocatori, però, è andata male. Negli anni ’50 e ’60 campioni del calibro di Ghiggia, Schiaffino, Altafini e Sivori non hanno saputo onorare la maglia azzurra, tanto che per ritrovarne un altro bisogna passare al 2006 quando Mauro German Camoranesi alza al cielo la Coppa del Mondo a Berlino. Dopo di lui ricordiamo anche Jorginho, campione d’Europa nel 2021 proprio con l’Italia di Mancini, ma ce ne sono tanti altri che hanno dato pochissimo alla causa.

Insomma, il connubio tra Italia e oriundi ha vissuto diversi alti e bassi. A volte ha funzionato, altre meno. Non possiamo negarlo. La speranza, forse, è che puntando su questi ragazzi sin da giovani nasca dentro di loro quel senso di appartenenza che fa grande una Nazionale. Se così non sarà, il rischio è che questa politica non paghi i dividendi tanto attesi. Ma allora la domanda sorge spontanea: non si dovrebbero concentrare le energie per capire come convincere i club italiani a puntare sui giovani di casa nostra? In fondo, in Italia, di ragazzi bravi ce ne sono ancora tanti. Basterebbe credere in loro. 

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