L’idea stuzzica. E parecchio. Vedere Carlo Ancelotti in finale contro il suo Milan, in quella Istanbul che fece piangere il Diavolo e con lui tutto il popolo rossonero, sarebbe davvero uno strano scherzo del destino. Una di quelle pagine che solo lo sport, forse, sa regalare. Carletto re della Champions League, lui che da allenatore l’ha alzata al cielo più di tutti (4 volte, due col Real Madrid e due con il Milan) e detiene il primato di vittorie (103), contro il suo passato e il suo cuore. Che abbina il rosso al nero. Da sempre.
Lui non lo ha mai nascosto. Nemmeno ieri, quando dopo l’1-1 con il Manchester City ha risposto “Forza Milan” a chi gli chiedeva di commentare l’euroderby di questa sera. Inevitabile che sia così, per uno che ha trascorso gran parte della sua carriera a Milanello, sia da giocatore che da allenatore. Quello rossonero è il club con il quale Ancelotti ha vinto tutto, al quale ha legato indissolubilmente il suo nome. Il gol segnato da fuori area a San Siro contro il Real Madrid, in quel mitico 5-0 che consacrò il Milan di Arrigo Sacchi agli occhi del mondo intero, è ancora impresso nella mente di tutti i tifosi. E probabilmente anche in quella di Carlo da Reggiolo.
Dal Riazor a Istanbul, i grandi tonfi
Certo, i ricordi di Ancelotti con il Milan non sono solo rose e fiori. Nello sport non si può sempre vincere. Alle tante vittorie, bellissime, hanno fatto da contraltare alcune cocenti sconfitte. Due su tutte: la remuntada subita per mano del Deportivo la Coruna (il Super Depor) nella stagione 2003-04, che vide il Milan campione in carica uscire di scena nei quarti di finale complice un clamoroso 4-0 subito al Riazor dopo la vittoria per 4-1 di San Siro, e la Champions sfumata ai rigori contro il Liverpool nel 2004-05 in quel di Istanbul. Il Diavolo, avanti 3-0 a fine primo tempo, pagò a caro prezzo sei minuti di follia: venne rimontato e poi capitolò dagli undici metri. Epilogo incredibile.
Proprio la capitale turca sarà teatro della finalissima di quest’anno, in programma il 10 giugno. Ed è curioso che il Milan, dopo tanti anni passati a guardare la Champions sul divano di casa, si ritrovi a un passo dall’ultimo atto con Ancelotti dall’altra parte del tabellone, spettatore interessato su più fronti: da allenatore deve battere il Manchester City di Pep Guardiola, un osso davvero duro; da tifoso gli piacerebbe rivedere la sua squadra del cuore in finale, pronta a giocarsi l’opportunità di vincere per l’ottava volta il trofeo più ambito. Magari proprio contro di lui, così da poter uscire dal campo con il sorriso comunque vada a finire.
I sei trionfi di re Carlo
Del resto lo abbiamo detto. Ancelotti di trionfi in Champions League ne sa qualcosa. Anzi, ne sa più di tutti. Ne ha vinte due da calciatore e quattro da allenatore. In totale fa sei. Quando ancora indossava gli scarpini, con la maglia rossonera fu protagonista di due emozionanti finali contro Steaua Bucarest (4-0) e Benfica (1-0). E una volta seduto sulla panchina del Milan è riuscito a battere la Juventus nel 2002-03 in quella che ad oggi resta l’unica finale tutta italiana nella storia della competizione (3-2 ai calci di rigore) e il Liverpool nel 2006-07 (2-1).
Non pago, nel 2013-14 ha messo nella bacheca del Real Madrid la “decima” piegando la strenua resistenza dell’Atletico Madrid in una finale al cardiopalmo, vinta con un’incredibile rimonta iniziata al 93′ grazie a Sergio Ramos e conclusa ai supplementari sul punteggio di 4-1. Infine, il successo dell’anno scorso contro il Liverpool di Klopp per 1-0. Ma siete sicuri che sarà l’ultimo? Noi no. E chissà che il prossimo non arrivi da qui a breve. Magari il 10 giugno, a Istanbul, contro il suo Milan. Per chiudere un cerchio iniziato ormai tanti anni fa.
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