“In bilico tra santi e falsi dei, sorretto da un’insensata voglia di equilibrio. E resto qui, sul filo di un rasoio ad asciugar parole che oggi ho steso e mai dirò”. L’incipit di Estate, famosa canzone dei Negramaro, parla d’amore. Di una storia tra uomo e donna che potrebbe chiudersi, a malincuore, con la fine dell’estate. Eppure queste poche parole, estrapolate dal loro contesto musicale, racchiudono quello che Paolo Maldini e Stefano Pioli stanno vivendo in questi giorni con il Milan. Già, perché il direttore dell’area tecnica e l’allenatore dei rossoneri, stando ad alcuni rumors, sarebbero sulla graticola per via dell’annata altalenante del Diavolo. E rischierebbero grosso in vista della prossima stagione. Sarebbero in bilico. Per l’appunto.
Il calcio è così. Mette tutto e tutti in discussione. Nel bene e nel male. Tra santi e falsi dei. Come se cambiare due pedine chiave della rinascita del Milan, capaci di riportare il Diavolo alla vittoria dello scudetto e ai vertici del calcio europeo, seppur con un pizzico di fortuna, potesse modificare il destino di una società che dopo l’addio di Silvio Berlusconi ha faticato a trovare la solidità che serve per fare attività ad alto livello. Come se per portare avanti un progetto sportivo e farlo crescere bastasse un semplice colpo di spugna, l’epurazione di uno o più colpevoli. Ragazzi, ma allora non abbiamo imparato nulla dal passato, verrebbe da dire. Santoni, dei e maghi, nel calcio, non esistono. Servono pazienza e programmazione. Quell’insensata voglia di equilibrio che sorregge l’animo (e le azioni) di Maldini e Pioli.
L’equilibrio, questo sconosciuto
Peccato che la voglia di equilibrio, più che insensata, dovrebbe diventare la prassi comune. La crescita del calcio italiano, o meglio ancora del calcio in generale (avete presente il Chelsea…), parte dall’equilibrio. Nelle scelte, nei giudizi, nell’approccio alla quotidianità di quello che per i giovani, ad esempio, deve restare un gioco e non un’ossessione. Invece si persevera nell’errore, anno dopo anno, mettendo pressione ai ragazzi dei nostri settori giovanili per ottenere dei risultati che poi tanto importanti non sono e sottoponendo la maggior parte degli allenatori e dei dirigenti sportivi a gogne mediatiche spesso senza senso. Perché lo scenario che stanno vivendo ora Maldini e Pioli, a turno, lo hanno vissuto in tanti nel corso della stagione.
La stessa sorte è toccata a Massimiliano Allegri, massacrato a inizio anno dopo l’eliminazione dalla Champions League e la falsa partenza in campionato. Poi a Simone Inzaghi, reo di essere uscito troppo presto dalla corsa scudetto. Entrambi sono stati messi in discussione per il loro operato, così come le società per aver sbagliato questa o quella mossa in sede di mercato. Tutti sono rimasti lì, sul filo di un rasoio, ad asciugar parole che hanno steso e mai diranno. Proprio come Maldini e Pioli. Che adesso, alla vigilia dell’euroderby di ritorno in Champions League con l’Inter, la sfida più importante dell’anno, vengono messi in discussione. La tesi è: se vincono e passano il turno sono salvi, se perdono salta il banco e i due salutano Milanello.
Programmare è meglio che epurare
Ma come, scusate. Fateci capire bene. L’operato di svariati anni di lavoro di due persone viene giudicato da una singola partita? Che per di più arriva nel momento più delicato della stagione, con tutte le pressioni del caso, e contro un avversario palesemente più forte? Tutto il resto non conta nulla. Tutto si decide in 90′. L’errore di valutazione su Origi e De Ketelaere, i due acquisti estivi più deludenti, possono distruggere un progetto sportivo. I rinnovi di Hernandez, Bennacer, Tonali, Giroud e Leao, ovvero dell’asse portante del Milan, valgono zero. Lo scudetto del 2021-22 (l’anno scorso, non una vita fa) e la semifinale di Champions League di quest’anno, a prescindere dall’esito, valgono zero. Conta solo l’accesso alla prossima Champions, che adesso dipende più che altro dal destino della Juventus davanti ai giudici, perché porta un sacco di euro. E senza di quelli non si va avanti.
Potrà anche essere che sia giusto così ma noi siamo convinti che Maldini, l’anno prossimo, debba essere e sarà ancora il direttore dell’area tecnica rossonera. E speriamo che al suo fianco, in panchina, ci sia ancora Pioli. Entrambi hanno commesso degli errori ma la bontà del loro operato, in termini generali, è indubbia. Sono le scelte fatte (rinunciare a campioni come Donnarumma, Kessie e Calhanoglu per ridimensionare il monte ingaggi è tanta roba) e le imprese sportive compiute in quest’ultimo anno e mezzo a certificarlo. La crescita delle società che non hanno alle spalle magnati capaci di investire ingenti somme sul mercato passa dalla programmazione e dalla capacità di fare calcio. Non dai bruschi cambiamenti e dagli sbalzi d’umore. RedBird e Gerry Cardinale ci pensino bene: fare tabula rasa e ripartire da zero non servirebbe a nessuno. Di sicuro non a questo Milan.
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