Un ricambio generazionale che fa fatica ad arrivare. L’Italia calcistica fatica a sfornare nuovi fenomeni ormai da anni, nonostante le selezioni nazionali giovanili stiano ottenendo risultati da applausi negli ultimi anni. E quindi in FIGC si cerca di correre ai ripari, provando a ‘preservare’ i giovani calciatori azzurri con le riforme del campionato Primavera, per limitare il ‘fenomeno Lecce’ che nel 2022/2023 vince il titolo con una squadra piena zeppa di stranieri.
Dallo scorso anno, 2023/2024, il numero obbligatorio di italiani in rosa è in forte crescita. Quest’anno era necessario avere in distinta, tra campo e panchina, almeno 5 giocatori locali e 5 con requisiti per essere convocati per l’Italia. Ma dal prossimo anno il numero aumenterà: si passerà ad 8 ed 8 nel 2024/2025, e addirittura a 10 e 10 dal 2025/2026, addirittura 20 sui possibili 22 da poter schierare.
Un modo che può irrimediabilmente ampliare il bacino da cui le squadre possono fare affidamento per il futuro. Tutto bello, ma l’inghippo c’è: da questa stagione è stato alzato il limite d’età. Non più campionato dedicato agli Under 19, ma anche agli Under 20.
Con la scusa di voler provare ad alzare il livello di competitività del campionato stesso, si rischia che i ragazzi meritevoli tra i diciotto e i vent’anni perdano dunque un ulteriore anno di professionismo per poter essere schierati nel campionato giovanile. Rischiando così di avere ragazzi di vent’anni non ancora pronti a determinati livelli, mentre in altri paesi europei proliferano i Pedri, Gavi, Yamal, Bellingham e Wirtz, giocatori poco più che ventenni (adolescente, in un caso) ormai pezzi importanti delle proprie Nazionali.
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