La pazienza è una virtù che in questo momento in casa Juve non è gestibile. “Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta” è un must scolpito nella storia bianconera e che ora sta facendo a pugni con un presente diverso. La Vecchia Signora non vince lo scudetto da quattro anni e probabilmente l’attesa aumenterà. Un periodo molto lungo soprattutto per le nuove generazioni di tifosi, abituate ad avere tutto e subito. Il calcio è cambiato e anche la competitività. E allora è sano ancorarsi alle vecchie tradizioni o provare a prendere spunto dal passato, senza copiarlo, sarebbe meglio? Di certo da casa e allo stadio vogliono risposte, per evitare che il #MottaOut diventi un nuovo slogan.
Motta non è Harry Potter
L’equivoco di inizio stagione è stato quello di considerare Thiago Motta come l’Harry Potter della Juventus. Non aveva la bacchetta magica prima e non può averla ora. Di errori ne ha commessi tanti, così come la dirigenza e anche i calciatori. L’inizio a mille ha illuso molti tifosi, che ora si sentono quasi delusi. Il tecnico ex Bologna e la Vecchia Signora ancora non si sono sposati, stanno convivendo per conoscersi meglio e vivere poi un matrimonio felice. Le zero sconfitte in campionato hanno fatto sparire un po’ la polvere sotto al tappeto, così come gli episodi e gli errori individuali hanno fatto scomparire qualcosa di buono che si era intravisto. E adesso i paragoni con alcuni tecnici deludenti del passato inizia a sprecarsi.
L’effetto Sarri da evitare
L’allenatore conosce le proprie responsabilità e non ha mai tirato fuori l’alibi degli infortuni. Il quarto posto, obiettivo prefissato, è distante soli tre punti e in Champions i playoff sono ormai quasi aritmetici. E allora la domanda sorge spontanea: perché tutti sono scontenti? La risposta sta nella storia della Vecchia Signora, abituata a sollevare trofei e a competere. E il club si porta dietro un malcontento dalla precedente gestione Allegri terminata tra vicissitudini societarie, penalizzazioni e una sola Coppa Italia in tre anni, senza mai lottare fino alla fine per lo scudetto.
I tifosi vogliono sentirsi vivi e non solo una parte. L’obiettivo quarto posto è una melodia che stona nello spartito di Madama. Ma rompere un progetto senza portarlo a termine è una cosa che spesso controproducente. Gli esoneri sono stati pochi a stagione in corso nella storia bianconera e si è data spesso la possibilità di portare a termine il proprio lavoro ai vari mister passati per Torino. E Giuntoli ora vorrebbe evitare un nuovo “effetto Sarri”, diventato con il passare del tempo quasi un “nemico del popolo”, nonostante il campionato conquistato a fine anno. La rottura di quel progetto è stato il ciak iniziale ai disastri del club, che non ha avuto la voglia di aspettare. Quindi conviene parlare di #MottaOut? La risposta è Klopp.
L’esempio Klopp: da “perdente” all’Olimpo
Il calcio è uno sport che permette a tutti di parlare, è il più democratico. Poi è sempre il campo a dare le risposte e l’esempio di Klopp è il migliore. Ecco, Motta dovrebbe fargli una telefonata, anche se hanno un trascorso leggermente differente. Il tecnico italiano non ha ancora vinto nulla, anche se l’Europa conquistata con il Bologna potrebbe essere considerata come un titolo. Il tedesco invece prima di passare al Liverpool veniva da una serie di successi al Borussia Dortmund, oltre alla delusione della finale di Champions persa contro il Bayern Monaco nel 2013.
Il primo anno con i Reds però è stato deludente, almeno in Premier League. Il club aveva perso la ferocia e la voglia e anche l’ossessione di vincere, una parola chiave che si sta ripetendo in molti salotti televisivi. Ed è quello che è successo ora ai bianconeri. Il “mago” ha concluso la prima stagione, dopo aver preso il posto di Rodgers ad ottobre, all‘ottavo posto in classifica. Non ha avuto l’occasione di plasmare la squadra con le sue idee in estate e non ha ricevuto un gran mercato, ma alla fine dell’anno ha lasciato una flebile speranza. La finale di Europa League persa con il Siviglia e di League Cup contro il City, ha però fatto nascere i primi nomignoli nonostante l’ottimo percorso. “Perdente“, era definito così, nonostante i grandi successi in Germania. L’anno dopo ha portato i Reds al quarto posto e la parola esonero è stata la più utilizzata per i quartieri di Liverpool. Poi il resto è storia. Hanno avuto pazienza e ora l’hanno fatta perdere a tutti i loro avversari.
Motta come Inzaghi: serve un atto di fede
Adesso alla Juve serve un “atto di fede”, un po’ come a Jack in Lost: credere in Motta, valutarlo a fine stagione e nel caso dare una speranza. Quello che l’Inter ha avuto con Inzaghi, dopo un inizio incerto, gli scudetti mancati e i tanti supporters che ne chiedevano il licenziamento nel 2023, prima del grande percorso in Europa con la finale raggiunta contro il Manchester City. La Vecchia Signora ha voglia di ritornare grande e non può perdersi in fazioni o diatribe che non portano a nulla di buono.
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