Riccardo Calafiori è un perfetto case study sul campionato di Serie A. La costanza di un ragazzo che per poco rischiava di finire nel dimenticatoio del calcio italiano. La parentesi poco fortunata alla Roma, poi quelle 26 presenze al Basilea e il ritorno in Italia al Bologna. La determinazione di un ragazzo la cui carriera (e la cui vita) è cambiata nell’arco di una stagione. Prima con il ritorno dei rossoblù in Champions League, poi con la chiamata dell’Arsenal dalla Premier.
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Calafiori e la prima telefonata di Arteta
E proprio il passaggio ai Gunners è stato il punto di partenza di una lunga intervista concessa a Sky Sport. “Il passaggio dalla Serie A alla Premier? Sinceramente non me li spiego neanche io come ho fatto”, ha esordito Calafiori. “Mi ero dato dei mesi di adattamento però anche grazie allo staff dell’Arsenal non ho sentito la mancanza dell’Italia e del cambiamento, partendo subito forte”. Ma non solo, perché il difensore della Nazionale ha svelato un retroscena al momento dell’acquisto del club inglese. “Ho parlato tanto con Arteta, già prima di arrivare a Londra”, ha svelato il classe 2002. “La prima volta mi ha detto ‘Devi venire qua’. Sul momento gli ho chiesto le motivazioni, mi ha mostrato il progetto e le idee che aveva su di me. Ho capito che per arrivare al prossimo step venire qui era la cosa migliore”.
Il passaggio da terzino a braccetto
Ma il passaggio all’Arsenal ha spinto Calafiori anche a scoprire una nuova zona del campo. “Il mio ruolo? Anche da piccolo non ho mai avuto un solo punto di riferimento. Cerco di rubare con gli occhi anche dai ragazzi che mi stanno vicino in allenamento, alcuni sono fondamentali. Qui all’Arsenal sono terzino, mentre in Nazionale gioco braccetto. Mi trovo bene in entrambi i ruoli. Mi piace quando mi lasciano libertà con la palla”.
Calafiori-Motta, un legame vincente
Un traguardo clamoroso con la mente sempre rivolta a un episodio particolare. “Dopo un brutto infortunio a 16 anni mi dissero che probabilmente non sarei tornato a giocare. Mi ricordo come ero prima, poi sono cambiato, quell’esperienza mi ha segnato. Quando sono tornato in campo ero convinto che sarei diventato calciatore”.
Una convezione diventata realtà soprattuto grazie a un tecnico in particolare. “Motta mi ha cambiato la carriera”, ha detto il difensore azzurro. “Mi ha insegnato cose che mi hanno modificato la visione del calcio. Pensavo che le cose che mi diceva fossero solo per quei momenti, non è stato così”.
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