Lo scudetto al Cagliari, i Mondiali del ’70 e l’Europeo del 1968: un anno fa ci lasciava il grande Gigi Riva. Un vuoto incolmabile, quello lasciato da Rombo di Tuono, che la città di Cagliari ha voluto ricordare nella giornata odierna. Tanti gli attestati di stima per uno dei pilastri del nostro calcio. La redazione di OA Calcio ha voluto ricordare Gigi Riva attraverso la testimonianza di un amico, prima che di un compagno di Nazionale, come Dino Zoff.
Zoff, oggi è un anno esatto dalla morte di Gigi Riva. Voglio riportarla a quel giorno: come stava?
«Sono rimasto in silenzio per non so quanto tempo. Ci sono rimasto particolarmente male perché avevo un bellissimo rapporto con Gigi. L’avevo sentito poco prima e direi che è stato un colpo. Abbiamo fatto il militare insieme alla Cecchignola. Siamo stati insieme al CAR (Centro Addestramento Reclute, ndr) a Siena. E poi fianco a fianco agli Europei del ’68. Avevamo un rapporto spedito. Era un personaggio notevole, splendido. Importante per me».
Vi univa un legame particolare…
«Eravamo due persone serie. Prima di tutto, lui era un amico. Ci prendevamo spesso in giro per tante cose ma poi in campo c’era poco da essere amici. Anche perché spesso mi faceva gol (ride, ndr). Certamente, in quell’Europeo del ’68 è stato un grande. Ci portò lui in finale, con quel tuffo, quel gol di testa a al San Paolo contro la Germania. Quella fu una gara spettacolare, soprattutto per il pubblico. Ricordo che dopo quella partita, andammo insieme in albergo perché all’indomani saremmo dovuti partire. Qualcuno ci vide e sotto l’albergo si formò una folla di 100-200 persone che salutammo dal balcone. Quello fu un bel momento passato insieme a un amico».
Zoff ricorda Gigi Riva: “Tutti speravamo nella sua arte”
Gigi era poi un leader nello spogliatoio…
«Nel calcio dei nostri tempi abbiamo sempre ritenuto importanti i ruoli. Eravamo un gruppo positivo, lui lo era particolarmente. Tutti speravamo nella sua arte, cioè fare gol. Era una figura importante nello spogliatoio, soprattutto per come si comportava e per quello che faceva in mezzo al campo. Con lui avevo un ottimo rapporto. Siamo stati insieme anche in Nazionale: io allenatore, lui dirigente. Parlavamo della squadra, di calcio e di tante cose».
Riva era un campione, lei ha raccolto l’eredità. Zoff, come si fa a diventare un campione?
«Le qualità sono nel Dna. Certo, poi bisogna lavorare per metterle in pratica con comportamenti adeguati. Perché uno che fa calcio deve ritenerlo un miglioramento prima di tutto come uomo. Va in campo, combatte con le regole, contro un avversario, contro l’arbitro che giudica. Direi che è un’esperienza di vita importante per la formazione di un uomo. Certo poi, se come spesso succede qualcuno ne approfitta per fare del vittimismo o delle sceneggiate, allora non si migliora».
Ci lasciamo con un doppio ricordo: da un lato la partita del secolo, dall’altro lo scudetto del Cagliari. Secondo lei cosa ha reso più felice Gigi Riva?
«È una bella sfida. Credo che portare lo scudetto al Cagliari sia stato uno dei traguardi più importanti della sua carriera. Poi lui si sentiva particolarmente sardo. Senza dubbio quella vittoria gli ha dato qualcosa in più rispetto all’Europeo. Segnò anche contro la grande Jugoslavia però credo che per lui, che ha vissuto a pieno lo spirito della Sardegna, quella vittoria abbia significato tanto. Credo sia stata la sua felicità più grande».
Zoff, non posso che ringraziarla…
«Ciao Gigi, per sempre con noi».
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