Sbocciato nell’Atalanta, viene acquistato dal Milan nel 2001. Una sola stagione in rossonero, vissuta prima agli ordini di Terim e poi sotto la guida di Ancelotti, ma con ben 28 presenze complessive tra Serie A, Coppa Italia e Coppa UEFA. Un’esperienza che lui stesso definirà fondamentale per la sua carriera, proseguita poi con le maglie di Parma, Torino, Sampdoria, Messina e nuovamente Atalanta, fino al trasferimento in Scozia al Celtic, un’avventura che gli cambierà la vita in positivo. In esclusiva ai nostri microfoni, Massimo Donati, il doppio ex del lunch match di domenica (ore 12:30) tra il Diavolo di Conceição e i crociati di Fabio Pecchia.
Milan-Parma, parla il doppio ex Massimo Donati
Tu hai giocato con entrambe le squadre, che ricordi hai da calciatore sia col Parma che con il Milan? Che esperienze sono state quelle lì?
“Col Parma è stata breve perché alla fine sono stato sei mesi. Avevamo una squadra molto forte, con giocatori come Adriano davanti, una squadra che quell’anno ha fatto la sua parte, anche se poteva fare di più. A gennaio sono andato via, però ho un buon ricordo perché c’erano giocatori forti, anche se non abbiamo fatto benissimo. Con il Milan, invece, sono stato un anno. Ero molto giovane e l’ho vissuta come un sogno, perché era la squadra per cui tifavo da bambino. Dopo poche partite in Serie A, trovarmi in uno spogliatoio con gente come Maldini, Costacurta, Shevchenko… era qualcosa di speciale. È stata un’esperienza che mi sono sempre portato dietro”.
Al Milan c’era Ancelotti, cosa ti ha lasciato e quali sono i tecnici che hanno influenzato maggiormente il Donati allenatore?
“Sì nel 2002 iniziammo con Terim e poi arrivò Ancelotti. È stato fondamentale per la gestione del gruppo. Gestire tanti campioni non è semplice, ognuno ha esigenze diverse. Lui è riuscito a farlo al meglio, dimostrandosi il top anche negli anni successivi. Dal punto di vista tattico, Ventura e Gasperini sono stati gli allenatori che mi hanno fatto capire che volevo fare questo mestiere. Ventura al Bari e Gasperini a Palermo: avevo più esperienza rispetto agli anni al Milan, ed è lì che ho iniziato a pensare seriamente di diventare allenatore”.
Gasperini e l’Atalanta: “Già a Palermo…”
A proposito di Gasperini, immaginavi che potesse fare un percorso del genere con l’Atalanta?
“Sì, a Palermo noi vincevamo poco, ma giocavamo un grande calcio. Questo dimostra che nel calcio serve anche fortuna e coincidenze favorevoli. A Bergamo, Gasperini è arrivato nel posto giusto al momento giusto, supportato da una società forte. Con l’Atalanta ha fatto qualcosa di straordinario, costruendo anno dopo anno. A Palermo non abbiamo ottenuto grandi risultati, ma la sua idea di calcio era già chiara“.
“Milan, manca continuità. Parma? Per la salvezza serve qualcosa in più”
Tornando alla gara di domenica: il Parma si salverà?
“Il Parma sta tenendo una media di un punto a partita, che è la base per salvarsi. Servirà qualcosa in più per arrivare ai 40 punti necessari, ma il margine è piccolo perché molte squadre sono nella stessa situazione. La squadra è buona, manca un po’ di equilibrio“.
E il Milan può rientrare nella corsa Champions?
“Il Milan, invece, è lontano dalla zona Champions. Manca continuità di risultati, fondamentale per restare in alto. Quest’anno, purtroppo, il Milan non è riuscito a essere costante”.
Secondo te, questa discontinuità è legata ai giocatori o alle scelte in panchina?
“Non posso giudicare Fonseca perché non lo conosco come allenatore. Gli allenatori, però, vengono giudicati dai risultati. Ho visto alcune partite del Milan con Fonseca e mi sembrava che alcuni giocatori non dessero il massimo, il che è grave. Con Conceição c’è stata una reazione iniziale, ma deve essere bravo a mantenere alta la tensione per tutta la stagione. Solo così puoi ottenere risultati”.
La filosofia di gioco di Pecchia o qualche interprete in mezzo al campo: cosa c’è di positivo nel Parma attuale?
“Prima di giocare bisogna sempre tener conto degli obiettivi. Se Pecchia ritiene di poter raggiungere gli obiettivi attraverso il gioco fa bene a continuare su questa linea. Per quanto riguarda i giocatori ti dico Man perché è un giocatore che con le sue giocate a volte può risolvere da solo una partita, perché tu puoi giocare bene finché vuoi, ma se non riesci a far male davanti, poi diventa complicato. Stesso discorso Bonny, sono giocatori avanzati che se stanno bene, nella condizione giusta, possono far vincere le partite, che è quello che conta di più al di là dello giocar bene”.
Quali sono le squadre che rischiano maggiormente la retrocessione?
“È difficile dirlo, sono tutte vicine in classifica. Monza e Venezia sono un po’ più staccate, quindi più svantaggiate. Verona-Venezia sarà una partita importante per entrambe, si giocheranno molto. Oltre all’aspetto tecnico-tattico, conterà anche la forza mentale”.
Scudetto? Inter-Napoli sarà una bella lotta
Per la testa del campionato, vedi l’Inter favorita? E il Napoli?
“L’Inter è forte nei singoli, ma non sempre vincono i più forti. Il Napoli è compatto e molto concentrato, riflette il carattere del suo allenatore. Si vede che è una squadra di Conte perché sono solidi, compatti, sanno quello che devono fare, non mollano mai e se sono lì un motivo c’è, non ci sono arrivati per caso. Bisogna vedere se riusciranno a tenere fino alla fine. Sarà una bella lotta, ma tutto dipenderà da come affronteranno gli infortuni e le difficoltà della seconda parte di stagione”.
C’è un’operazione di mercato che fin qui ti ha colpito particolarmente?
“È presto per dirlo. L’obiettivo delle squadre nel mercato di gennaio è di prendere giocatori che al di là del nome, si inseriscano subito e bene nel contesto. Il Milan ad esempio ha preso Walker che è un ottimo giocatore, ma dovrà adattarsi ad un campionato nuovo, ad una squadra nuova, ad un allenatore nuovo, ritmi diversi, allenamenti diversi. Questo richiede tempo”.
Celtic nel cuore
A proposito di estero. Segui ancora il Celtic?
“Certo che lo seguo. Sono molto legato al Celtic e al campionato scozzese che son riuscito a vincere, ho giocato la Champions League. È un’esperienza che mi ha dato tante soddisfazioni”.
La Juve di Thiago Motta: il mestiere dell’allenatore
Aspetti positivi e negativi della Juventus di Thiago Motta?
“Torniamo un po’ al discorso che abbiamo fatto anche prima, come ci si arriva alla vittoria? La Juve vuole vincere giocando bene, attravverso il possesso palla, questa è l’idea di Motta. Per ora non ci sta riuscendo benissimo e alla lunga può diventare un problema in una grande squadra”.
Da allenatore, se i risultati non arrivano, è giusto rivedere le proprie idee di gioco?
“Quando hai una squadra in mano, devi trovare il modo di vincere le partite, indipendentemente dalla tua idea iniziale. Puoi provare a imporre la tua visione di gioco e, se funziona, tanto meglio. Ma se non porta i risultati sperati, devi adattarti: cercare soluzioni alternative, modifiche, o anche escamotage per raggiungere l’obiettivo. Alla fine, l’importante è vincere. Se continui a insistere su una strada che non porta vittorie, vuol dire che qualcosa non va e devi intervenire per cambiare. Mettere in discussione le proprie idee è fondamentale se i risultati non arrivano. È necessario fare gli aggiustamenti giusti, altrimenti rischi di fallire da solo”.