A Sant Joan Despì ogni mattina si respira calcio. Non è un luogo come tanti, ma è la casa del talento del Barcellona. Un sito di culto che ha radici profonde, che addirittura partono dal 1702, dalla creazione de La Masia, una residenza antica che ha oltre trecento anni e che nel tempo è diventata la macchina del talento blaugrana. Ha uno stile e un’identità propria, con una filosofia che si tramanda di generazione in generazione e con dei veri e propri comandamenti da seguire. Una religione. E spesso chi professa questo credo poi emerge anche con i grandi. E Messi è solo la punta di diamante di una lista lunga e piena di diamanti. In Italia il settore giovanile non è così mitizzato, ma c’è chi crede nei ragazzi più di altri. E sicuramente l’Atalanta prossimo avversario in Champions, ne è un grande esempio.
La Masia: splendore, caduta e rinascita
Messi, Iniesta, Xavi, Busquets, Pique Puyol e Valdes sono stati la spina dorsale del Barcellona di Guardiola. Cosa hanno in comune? La formazione a La Masia. Un gioiello invidiato da tutta la Liga, il segreto dei tanti successi. La condivisione dello stesso pensiero in classe si è poi riflesso anche in campo. E per gli avversari non c’è stato scampo. Un progetto che però ha dovuto fare i conti anche con alcuni ostacoli. Come nel 2014, quando alla presidenza, dopo la prima era Laporta, è arrivato con prepotenza Josep Maria Bartomeu. L’ex numero uno ebbe un approccio diverso nei confronti dei giovani, oscurati da campagne acquisti milionarie.
Il Triplete del 2015 ha solo illuso, ma è stato l’ultimo grande successo prima della fase calante. Con l’addio dei campioni non tutti si sono dimostrati all’altezza e solo con Koeman in panchina si è tornato a bussare a La Masia. Certo, i risultati ottenuti sono quasi da dimenticare, ma ha ricordato al club qual è stata la benzina negli anni scorsi. L’olandese ha dato spazio ad Ansu Fati, ha fatto esordire Gavi e ha concesso minuti importanti a Pedri. Niente trofei, ma nuova linfa. E si è di nuovo tornati a credere nel talento, che ora splende di luce propria dai piedi di Yamal.
I comandamenti de La Masia
Per tramandare un credo sono necessari dei comandamenti. E a La Masia sono appesi sui muri, a partire dal linguaggio utilizzato e insegnato ai ragazzi, con frasi vietate come “rubare il pallone”, categoricamente sostituita da “recuperare il pallone”. Ma è solo un esempio di un vocabolario proprio e volto all’educazione dei giovani. Abolito anche considerare l’avversario un nemico, poi anche l’egoismo, il conformismo e soprattutto la noia. Sono solo alcune delle linee guida del club. Per molti forse un eccesso, ma il campo, giudice supremo, ha promosso a pieni voti questa scuola. Sì perché è una vera e propria formazione, una strada da regalare ai ragazzi. E l’obiettivo è renderla senza buche, scorrevole, un po’ come fa l’Atalanta in Serie A.
#Gasperini: "Faremo il nostro gioco" 🎙️
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— Atalanta B.C. (@Atalanta_BC) January 28, 2025
Barcellona-Atalanta, la Dea è la Masia italiana
“Spesso sento parlare squadre che dicono di puntare sui giovani, ma poi non ci credono realmente. Invece l’Atalanta lo fa“ – ha spiegato l’ex allenatore del settore giovanile della Dea, Marco Fioretto. Il risultato viene messo in secondo piano per puntare tutto sulla crescita dei giocatori e portare in prima squadra talenti come Kulusevski o andando indietro negli anni anche Scirea, Tacchinardi e Donadoni. Un processo di selezione che parte sin dai primi calci. A differenza del Barcellona, la Dea non ha avuto la forza di trattenerli, considerando soprattutto il blasone che aveva il club un tempo, quando il primo pensiero era evitare la retrocessione e non di certo giocarsi un ottavo di Champions League. Ma ha saputo lanciarli, educarli e formarli per poi far spiccare loro il volo, come una madre con il proprio figlio prima di partire per un Erasmus. Ora i nerazzurri e i blaugrana saranno faccia a faccia. Un dibattito tra due pensieri filosofici che in campo esprimono il loro essere.
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