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“Meno squadre italiane ci vanno e meglio è”: De Siervo attacca la Champions, ma i dati dicono altro

L’AD della Serie A Luigi De Siervo attacca la Champions League: troppe squadre italiane partecipanti, ricavi troppo alti, ma è effettivamente così?

Luigi De Siervo, AD Serie A/LaPresse

La recente dichiarazione di Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, ha sollevato preoccupazioni sul futuro del campionato italiano a causa della crescente disparità di ricavi tra la Champions League e i tornei nazionali: “Il valore della Serie A si perderà nel tempo se la Champions League continuerà a restare così ricca. I ricavi sul mercato sono quelli, se crescono quelli della Champions e quindi i suoi diritti tv poi perdono valore i diritti dei campionati nazionali”.

E ancora: “Si tratta di un tema che tanti giornalisti non sottolineano: continuano a definire un grande successo la partecipazione di più squadre italiane alla Champions. È il contrario“. Siamo sicuri che il vero problema del calcio italiano sia l’aumento delle partecipanti alle coppe europee e i guadagni che esse ricevono da queste competizioni e non la mancata riforma della Serie A e la gestione inefficace delle sue risorse?

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De Siervo attacca la Champions, ma i dati dicono altro

De Siervo sostiene che la Champions League sottragga valore ai diritti televisivi della Serie A, ma i numeri raccontano una storia diversa:

  • Inter – 90,63 milioni di euro
  • Atalanta – 67,08 milioni di euro
  • Juventus – 66,42 milioni di euro
  • Milan – 61,37 milioni di euro
  • Bologna – 34,92 milioni di euro

Questi dati dimostrano che la Champions League non penalizza il calcio italiano, ma lo valorizza, offrendo maggiori introiti ai club e aumentando la loro competitività. Inoltre, il nuovo formato del torneo garantisce maggiore equilibrio, dando alle squadre italiane più possibilità di avanzare nelle fasi finali.

Il recente play-off tra Real Madrid e Manchester City, che eliminerà una delle due contendenti al titolo, è un chiaro esempio di come il tabellone possa favorire club meno blasonati. Non bisogna poi dimenticare che l’Italia è tornata ai vertici del calcio europeo: la finale di Champions League dell’Inter nel 2023, la vittoria dell’Atalanta in Europa League, e la presenza di 5 squadre nella massima competizione dimostrano il valore della Serie A a livello internazionale.

I veri problemi della Serie A

Il vero nodo da sciogliere per la Serie A non è la crescita della Champions League, bensì la mancata riforma del format del campionato. Il passaggio da 20 a 18 squadre potrebbe portare numerosi vantaggi:

  • Maggiore qualità delle partite: eliminando due squadre di livello inferiore, il tasso tecnico della competizione aumenterebbe e i migliori giocatori delle squadre escluse si distribuirebbero nelle formazioni restanti, alzando il livello generale.
  • Ritorno a un modello vincente: la Serie A è stata la migliore lega al mondo tra gli anni ’80 e il 2005, quando il campionato era strutturato con 18 squadre. L’allargamento a 20 club è avvenuto solo per motivi straordinari (caso Catania e blocco delle retrocessioni nel 2004/05) e non ha mai realmente migliorato il torneo.
  • Ottimizzazione del calendario: un numero minore di squadre ridurrebbe il sovraccarico di partite, migliorando le prestazioni dei club italiani nelle competizioni europee.

Riforma a 18 squadre e Diritti Tv

Uno degli argomenti contro la riduzione delle squadre è il possibile impatto sugli incassi dei diritti televisivi. Tuttavia, questa preoccupazione è meno rilevante di quanto sembri:

  • Il numero di partite per turno rimarrebbe quasi invariato e gli incontri tra squadre minori, che hanno dati di ascolto molto bassi, verrebbero eliminati.
  • I broadcaster avrebbero quattro weekend in meno di trasmissione, ma la riduzione delle partite di scarso appeal potrebbe aumentare il valore dei match rimanenti.
  • In tutta Europa i prezzi pagati dalle emittenti per i diritti TV sono in calo: il problema principale non è la Champions League, ma la difficoltà della Serie A nel vendere un prodotto competitivo.
E tu cosa ne pensi?

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