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Nicola Berti e una vita fuori dagli schemi ma non in campo: Mondiali, feste pazze e il coro dei tifosi

Nicola Berti è stato un calciatore eclettico per la sua vita fuori dagli schemi: feste e passioni, ma in campo sempre tra i migliori.

Nicola Berti
Nicola Berti (Lapresse)

Nel suo racconto a cuore aperto, Nicola Berti, l’ex calciatore fuori dagli schemi, ha ripercorso con il Corriere della Sera alcuni dei momenti che lo hanno reso celebre, non solo per il suo talento sul campo ma anche per la sua personalità tanto irriverente quanto sincera.

Berti, che ha mosso i suoi primi passi nel calcio dalle categorie più basse, racconta con nostalgia e ironia della sua giovinezza trascorsa a Salsomaggiore, dove, oltre a giocare a calcio, passava il tempo nei mercati con il padre, che gli insegnò a disossare il prosciutto, nonostante fosse lontano dai suoi sogni sportivi.

Una vita di passioni e sopra le righe, ma in campo è sempre stato tra i migliori. E i tifosi gli cantavano: “Nicola Berti facci un gol” per la sua propensione a segnare.

Nicola Berti e il passato a Salsomaggiore

“Farei fatica, ma mio padre me lo aveva insegnato nel negozio di famiglia”, confessa Nicola Berti, ricordando quelle giornate di lavoro fianco a fianco con il papà. “D’inverno stavo lì con un giaccone enorme, stile omino Michelin. E mi ricordo ancora il gelo alle mani quando prendevo le ricotte dall’acqua”.

Eppure, già a 16 anni, la sua carriera calcistica aveva preso una piega decisamente diversa, iniziando dalla Serie C e scalando in fretta verso la Serie A, senza mai perdere quella grinta che lo ha sempre contraddistinto.

L’Inter, una giovinezza da ribelle e il Mondiale

Un’altra frase che ha segnato la sua carriera è quella che lo definiva come “il miliardario con lo zero in condotta”, un soprannome che risaliva alla sua adolescenza turbolenta. “Assieme ad altri dieci ‘geni’ in prima media andammo su una collina di Salsomaggiore a fumare e a perdere tempo”, racconta Berti.

“Per separarmi dalle cattive amicizie mi bocciarono”. Nonostante il suo comportamento ribelle, la sua carriera ha preso il volo. Ha vissuto momenti indimenticabili con l’Inter, portando la squadra alla vittoria della Coppa UEFA nel 1994. Oltre alla convocazione nell’Italia di Sacchi per i Mondiali negli Stati Uniti.

“Anche ai miei compagni davo un po’ fastidio a volte, perché guadagnavo tanto, sorridevo sempre, e mi permetteva di andare a bere una birra al pub, anche due. E qualche volta è capitato che alla domenica sbagliassi la partita”, ammette senza mezzi termini, mettendo in evidenza una sua caratteristica che non è mai stata ben digerita dai più rigidi.

Ciò che emerge dalle sue parole è anche una grande passione per il calcio, che lo ha visto affrontare sfide difficili. Come il lungo infortunio che lo ha tenuto lontano dal campo, e la determinazione con cui ha affrontato il suo percorso, sia professionale che personale.

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