Sono ore di apprensione in tutto il mondo per le condizioni di Papa Francesco. Dal giorni cronisti e fedeli sono assiepati nelle vicinanze del Policlinico Gemelli di Roma dove il Santo Padre è ricoverato dallo scorso 14 febbraio. Polmonite bilaterale: questa la diagnosi ufficializzata dai bolletti medici trasmessi dalla Santa Sede che riferiscono di una situazione delicata ma stazionaria.
Nelle scorse ore anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto visiva al Santo Padre augurandoli una presta guarigione e riferendo di averlo trovato “vigile e reattivo”. Insieme alla Premier e ai fedeli, anche il mondo dello sport presa per il Papa. Negli anni, Francesco non ha mai nascosto il suo amore per qualsiasi pratica sportiva. Ma al calcio ha sempre dedicato un posto speciale. Lui, argentino, è cresciuto all’ombra del El Gasómetro, l’ex stadio del San Lorenzo demolito nel 1983.
Papa Francesco: il calcio, il San Lorenzo e la “pata dura”
“Il calcio è il gioco più bello del mondo”: disse nel 2019 il Pontefice nel corso dell’evento “Il calcio che amiamo” organizzato dal Ministero dell’Istruzione e dalla FIGC. “Mi piace sottolineare che la Federazione si chiama Federazione Italia Giuoco Calcio, dove è importante la parola ‘gioco’. A volte questa viene dimenticata, o magari sostituita, con altre meno coerenti, se non del tutto contrarie alle sue finalità. Invece il calcio è un gioco e tale deve rimanere”.
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Argentina – Messa di riparazioneper gli oltraggi a Papa Francesco durante la campagna elettorale (Lapresse)
Parole che riassumo l’amore di Papa Francesco per il calcio. Un rapporto viscerale che lo lega sin dalla tenera età. A quando, da giovanissimo, era solito giocare con una “pelota de trapo” (un pallone di stracci, ndr) e seguire allo stadio il suo San Lorenzo. “Ho memoria, in particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo visse”, ha svelato il Pontefice in un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport nel 2021.
Ancor più vivo, il ricordo con addosso i panni del calciatore. O meglio, del portiere viste le non ottimali qualità in mezzo al campo. “Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi. Anzi, ero quello che in Argentina chiamano un ‘pata dura‘, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta”. Ma anche nelle difficoltà c’è sempre un lato positivo: “Fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte”.
Le ultime uscite: prima l’Avellino, poi il Sorrento
A testimonia del legame con il calcio, poche settimane prima del ricovero Papa Francesco ha incontrato due club di Serie C. Lo scorso 18 gennaio, una delegazione dell’Us Avellino 1912, composta da Don Alfonso Moriano (parroco di Taurasi) e Andrea Ziccardi (consigliere comunale di Venticano). Un incontro – culminato con la benedizione della maglia biancoverde esposta presso lo store ufficiale del club – che ha riportato alla mente del Santo Padre uno dei suoi miti. Ramon Diaz, attaccante argentino, nonché simbolo dell’Avellino nel decennio trascorso in Serie A a cavallo tra il 1978 e il 1988.
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Dieci giorni più tardi, il 29 gennaio, è stato il turno del Sorrento. Anche in questo caso una ristretta delegazione – composta dal presidente Giuseppe Cappiello, dal vice presidente Michele Mauro e dal direttore generale Benito Starace – hanno incontrato il Santo Padre in Vaticano. “A Papa Francesco, grande appassionato di calcio, abbiamo avuto l’onore di donare una la maglia gara del Sorrento – simbolo di valori, sacrifici e sportività, che il Pontefice ha particolarmente apprezzato”, ha commentato il club costiero sui propri canali ufficiali. Insomma, un legame quello tra calcio e Papa Francesco indissolubile. Nonostante una ‘pata dura’ e una vita… da portiere.
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