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“Non mi sentivo a mio agio”: Morata, tutta la verità sull’addio al Milan

A un mese dall’addio, Alvaro Morata ha svelato dei retroscena interessanti sulla sua parentesi al Milan e il passaggio al Galatasary

Morata
Alvaro Morata (Lapresse)

Nonostante tutto, Alvaro Morata è sempre sulla bocca di tutti. Sarà per il calcio (non ha preso parte al derby Galatasary-Fenerbahce per via di un infortunio) o per il gossip (la rottura, poi il ritorno con la compagnia di una vita Alice Campello) ma dell’ex Juve si parla sempre tanto. Soprattutto da gennaio, da quando in casa Milan è stata confezionata una rivoluzione totale che ha investito anche lo spagnolo. L’avventura in rossonero è durata pochissimo: 19 luglio 2024-2 febbraio 2025. Esattamente 198 giorni prima di essere in Turchia con la formula del prestito con obbligo di riscatto fissato a circa 10 milioni di euro. 

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Morata, 198 giorni al Milan e quell’alchimia mai nata con Conceiçao

Una cessione dolorosa, ma condizionata dai numeri e dal rendimento dello spagnolo. Per lui 25 presenze tra campionato, Champions e Supercoppa italia condite da sei gol e due assist. Dati non del tutto esaltanti che, sommati all’alchimia mai nata con Sergio Conceiçao – hanno costretto l’ex Juve a lasciare Milanello. A distanza di qualche settimana dall’addio, Alvaro Morata è tornato sui suoi passi ripercorrendo gli ultimi anni tra Atletico Madrid e Milan. 

“In quel momento era quello che il mio corpo e la mia testa mi chiedevano”, ha detto l’ex Juve in una lunga intervista al quotidiano spagnolo Marca. “Ci sono momenti in cui le decisioni vengono prese al momento giusto, più o meno giuste, ma alla fine penso che se mi guardo indietro mi rendo conto che i tifosi erano riusciti, in un certo senso, a capirmi e dopo l’Europeo la gente in Spagna non mi vedeva più allo stesso modo, ma queste sono decisioni che si prendono”.

Poi, il ritorno in Italia: “Sono andato al Milan per via dell’allenatore (Fonseca, ndr), che mi ha dimostrato di volermi molto bene, ma dopo qualche mese, un progetto che sembra una cosa diventa un’altra per il calcio stesso. Alla fine non mi sentivo così a mio agio perché ero andato lì per stare con Fonseca”.

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