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Cucchi ricorda Pizzul: “Maestro di empatia e sensibilità, quel ‘Campioni del Mondo’ lo avrebbe meritato”

Dalle Olimpiadi di Barcellona alla personalità e l’empatia di Bruno Pizzul: il dolce amarcord del radiocronaca Rai Riccardo Cucchi

Pizzul
Pizzul (Lapresse)

La notizia della morte di Bruno Pizzul ha scosso il mondo del calcio e del giornalismo italiano. Cinque Mondiali, quattro Europei  per uno dei telecronisti più amati della storia. Una fonte d’ispirazione per tanti, come nel caso di Riccardo Cucchi – storica voce di Tutto il calcio minuto per minuto – che ai microfoni di OACalcio ha voluto ricordare, prima di tutto, un amico. 

Riccardo, ci ha lasciati uno dei più grandi telecronisti della storia…

Ho un po’ di pudore nel dire ‘abbiamo lavorato insieme’. Lui era un maestro straordinario ed è forse difficile comprendere per le generazioni attuali cosa potesse significare – per chi ha la mia età e sognava di fare questo mestiere – ascoltare Bruno Pizzul. Ho avuto l’onore di lavorare al suo fianco. Addirittura alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Barcellona del 1992. Era una persona molto empatica, faceva di tutto per non metterti in soggezione. Oggi, pensare di esser stati colleghi di mostri della radiotelevisione come lui, è qualcosa di straordinario. Ho avuto questo privilegio, ma ho sempre considerato Bruno Pizzul un maestro anche se lui, naturalmente, non ha mai voluto esserlo. Eravamo noi che rubavano pezzi al suo straordinario mestiere”.

Pizzul non era solo calcio, era empatia pura grazie a suo io e… alla sua sigaretta

Non si può distinguere l’uomo dal telecronista. Anzi, per fortuna in questo straordinario connubio c’è tutta la maestria di Pizzul che non era un personaggio. Non è mai uscito da sé stesso. Era sé stesso quando era al microfono. E questa sua arte e capacità di identificarsi col pubblico nasce proprio da questo. La semplicità e l’empatia che trasmetteva ascoltando le sue telecronache era dovuta a questo, al fatto che non fingeva, non scriveva frasi fatte, non inventava aggettivi ad effetto prima che cominciasse la partita. Semplicemente lo esprimeva guardandola. E chi ha avuto la possibilità di ascoltarlo in televisione e magari ha orecchio fine, ogni tanto,  ha avvertito un rumorino. Era quello di un accendino che faceva muovere la pietra focaia e che faceva accedere la sua sigaretta. Immancabile compagnia di telecronache in un momento in cui, naturalmente, non era ancora vietato fumare all’interno della tribuna stampa. Anche questo era Pizzul”.

“Pizzul era un maestro, immancabile la sua sigaretta in diretta”

Naturale il paragone con Martellini. Anche se, a differenza del suo predecessore, non ha mai potuto gridare quella frase…

È stata un’ingiustizia del destino, diciamoci la verità. Chi più di lui avrebbe meritato di gridare quella frase che sognano tutti i telecronisti e radiocronisti. Quel ‘Campioni del Mondo’ che ha caratterizzato Martellini e prima di lui, alla radio, Nicolò Carosio. È stato davvero un peccato che il destino non abbia premiato un grandissimo telecronista come Pizzul con questa gratificazione. Purtroppo ha avuto due occasioni incredibili per raggiungere l’obiettivo. L’Italia del 1990 poteva vincerlo quel Mondiale. Ma devo dire, avrebbe potuto vincerlo anche la squadra di Sacchi. Quella che a Pasadena perse contro il Brasile ai calci di rigore.

Pizzul Baggio

Roberto Baggio (Lapresse)

Quel calcio di rigore di Baggio che lui amava tantissimo. Lo chiamava con il suo nome, Roberto. Purtroppo Roberto tradì sé stesso, tradì noi e, forse, anche Pizzul mandando alle stelle quel pallone. È un’ingiustizia, Bruno l’avrebbe meritato più di chiunque altro. Devo dire però che, almeno con noi, non lo ha mai detto esplicitamente. Ripeto, non è mai stato un personaggio, non ha mai sovrapposto sé stesso all’evento. È stata la Nazionale a non aver raggiunto l’obiettivo, non Bruno. Non avrebbe mai commesso questo errore. Oggi, in mezzo a tanti bravi telecronisti, emerge questo difetto: ci si sovrappone all’evento. Cosa che Pizzul non ha mai fatto”. 

Non lo ha fatto neppure nella partita più complicata per qualsiasi giornalista. Eppure fu criticato aspramente…

“Critiche ingiuste conoscendo la grande umanità e lo spessore della persona. La sofferenza di quella telecronaca l’abbiamo capita, ce l’ha raccontata, è stata enorme. Ma è stato un professionista: era un telecronista della Rai, una voce ufficiale. Raccontò la partita perché lo aveva deciso la UEFA, malgrado la tragedia che era stata vissuta in diretta televisiva. Io però voglio ricordare l’umanità di quella telecronaca. Quella sensibilità, l’attenzione a non rendere ancor più drammatico il racconto. Non è stato uno di quei giornalisti che dalla tragedia ha colto aggettivazioni ed enfasi che servivano a gratificare solo sé stesso. Cosa che, purtroppo, oggi accade. Lui al contrario mantenne un profilo basso, molto sensibile e umano perché il suo primo pensiero erano i telespettatori. Ed è anche per questo che negli anni si venne a creare un rapporto incredibilmente intenso con chi lo ascoltava. I saluti dei tifosi e gli striscioni che gli venivano dedicati in tutti gli stadi italiani quando giocava la Nazionale sono testimonianza di un rapporto molto forte che lui stesso aveva costruito con la sua umanità”. 

Pizzul

Pizzul e Martellini (Lapresse)

Lo stesso che costruì con i calciatori, essendo stato anche un calciatore professionista…

“Vero. Quell’esperienza è fondamentale per capire come lui approcciasse la telecronaca. Era uno che sapeva cosa stesse accadendo in campo. Aveva grande sensibilità anche nei confronti dei giocatori. Anche per questa ragione era molto amato dai calciatori di quella generazione. Tutti i grandi campioni che sono passati in Italia hanno avuto un rapporto intenso con Bruno Pizzul. Ci mancherà”.

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