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Nakata, dal calcio alla Holly a imprenditore: un viaggio introspettivo tra passato e nuove passioni

Un viaggio alla scoperta del nuovo Hidetoshi Nakata: da calciatore grazie al manga più famoso fino all’industria tradizionale giapponese.

Nakata
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Che fine ha fatto Hidetoshi Nakata? Da anni è uscito dal calcio giocato, si è ritirato a 29 anni e con una buona parte di carriera ancora davanti. Da quel momento ha iniziato un viaggio introspettivo per riscoprire sé stesso e le nuove passioni. Ha iniziato a giocare a pallone quasi per caso, e nemmeno per passione, soltanto vedendo Capitan Tsubasa (Holly e Benji), uno dei Manga più conosciuti a livello globale.

Da lì la scalata fino all’arrivo in Italia, lo scudetto con la Roma e la Coppa Italia con il Parma. Il Mondiale in Germania è stato l’ultimo palcoscenico a cui ha preso parte da calciatore prima di lasciare e iniziare una nuova avventura. Un giocatore eclettico e riconoscibile soprattutto agli inizi di carriera con la sua moda di cambiare il colore dei capelli a ogni gara, soprattutto ai Mondiali a Francia ’98.

L’amore per la moda, tanto da vederlo alle sfilate al fianco di David Beckham, e la voglia di crearsi una nuova passione. Ora è diventato un imprenditore importante in Giappone. E si è raccontato in una lunga intervista a The Athletic tra passato e le attuali novità.

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Nakata e il calcio grazie a Capitan Tsubasa

Nakata non ha mai sognato di diventare un calciatore professionista, eppure il destino lo ha portato a giocare ai Mondiali, vestire le maglie di club prestigiosi e conquistare l’Europa. La sua carriera è nata quasi per caso, spinta dalla passione per il calcio che aveva iniziato a nutrire fin da giovane. “Non sono un appassionato di calcio, mi piace giocare”, ha dichiarato il giapponese.

Il calcio in Giappone, infatti, non era lo sport principale, ma la passione di Nakata per il manga Captain Tsubasa lo spinse a seguire quel sogno e a intraprendere una carriera calcistica. Cresciuto nella prefettura di Yamanashi, vicino al Monte Fuji, il centrocampista iniziò a giocare per il Bellmare Hiratsuka, un club della J-League, dove si fece notare per il suo talento, aiutando la squadra a vincere la sua unica competizione internazionale importante, la Coppa delle Coppe d’Asia nel 1995.

Il debutto col Giappone e il viaggio in Europa

Nel 1996, Nakata partecipò ai Giochi Olimpici di Atlanta, dove iniziò a guadagnarsi un posto nelle competizioni internazionali. Tuttavia, fu ai Mondiali del 1998 in Francia che attirò l’attenzione globale. Quella fu la prima partecipazione del Giappone al torneo più prestigioso del calcio, e il centrocampista fu uno dei protagonisti, tanto per il suo talento in campo quanto per il suo look distintivo, con i capelli tinti che divennero un suo simbolo di riconoscimento.

Dopo il mondiale, il Perugia lo ingaggiò per una somma record di 4 milioni di dollari. La sua prima stagione in Italia fu eccezionale: segnò 10 gol da centrocampista, tra cui due al suo debutto. Dal Perugia di Gaucci alla Roma, dove vinse lo scudetto e il suo impatto sul calcio italiano fu così forte che i tifosi giallorossi lo ricordano ancora oggi con affetto, come racconta l’ex centrocampista: “Ogni volta che torno a Roma, tutti i fan vengono ancora da me e mi dicono: ‘Grazie Nakata’”.

Nakata, il ritiro e la voglia di ricercare sé stesso

Nonostante il successo, Nakata decise di ritirarsi prematuramente dal calcio professionistico. La causa? La mancanza di passione. “Se non avevo la passione, era come se stessi mentendo a me stesso”, ha spiegato. Dopo aver lasciato il calcio, il giapponese intraprese un lungo viaggio in giro per il mondo, un’avventura che lo portò a visitare più di 100 paesi. Questa esperienza di vita lo aiutò a riscoprire se stesso e a immergersi ancora di più nelle tradizioni giapponesi. Tornato in Giappone, cominciò a cercare nuove strade.

Nel 2009, Nakata scoprì una nuova passione che avrebbe definito la sua vita dopo il calcio: il saké. Durante il suo soggiorno in Italia, aveva avuto l’opportunità di visitare numerose cantine vinicole, un’esperienza che gli aveva permesso di apprezzare non solo il vino, ma anche il lavoro degli artigiani e il contesto culturale legato alla produzione. Quando tornò in Giappone, Nakata sentì che il saké poteva essere un’opportunità unica per portare alla luce una parte della cultura giapponese poco conosciuta all’estero.

“Ho pensato che fosse una grande opportunità per conoscere il saké giapponese perché fa anche parte della cultura giapponese”, ha raccontato. Si immerse nel nuovo mondo, viaggiando in tutto il Giappone, incontrando produttori, agricoltori e artigiani per apprendere le tecniche e la storia di questa tradizione. Da questo viaggio nacque la sua decisione di diventare un “maestro del saké”, fondando la sua azienda per sostenere e promuovere l’industria tradizionale giapponese.

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