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“Chiamatemi perdente”: Fabregas e una mentalità difficile da capire in Italia

Cesc Fabregas sta cercando di costruire una mentalità vincente per il suo Como: un modo di pensare difficile da capire in Italia.

Cesc Fabregas Como
Cesc Fabregas, Como (© Lapresse)

Nel calcio di oggi, specie in quello italiano, è difficile parlare di progetti. O meglio, si fa fatica a capire la mentalità di certe squadre legata alle parole di alcuni allenatori. L’esempio lampante è quello del Como di Cesc Fabregas. Una squadra partita da lontano, dopo un fallimento, e riemersa dalle ceneri grazie anche alla potenza economica del proprietario Hartono, indonesiano tra i più ricchi al mondo.

Ma al di là del lato economico, i soldi non costruiscono la mentalità, i lariani sono riusciti passo dopo passo a trovare il passo giusto per tronare in Serie A. Un risultato che in riva al lago mancava da tantissimi anni, oltre 20 e che ora, indubbiamente, sogna anche un po’ più in grande. Un mattone alla volta, senza fare il passo più lungo della gamba.

E, da tempo, ha scelto in panchina un allenatore con idee lungimiranti in grado di creare positività e una mentalità vincente. Le chiavi del successo stanno tutte lì perché si impara anche, e soprattutto, dalle sconfitte ed è più facile attutire il colpo, o risentirne meno, quando lo si fa con propositività. Proprio per queste le parole sfidanti di Cesc suonano come una sorta di provocazione, ma in realtà sono soltanto una conferma di come la squadra stia acquisendo sempre più le proprie certezze.

Fabregas

Como 1907’s Diao Diaoune Assane celebrates after goal during the Serie A Enilive 2024/2025 soccer match between Como and Napoli at the Giuseppe Sinigaglia stadium in Como, north Italy – Sunday February 23 2025 Sport – Soccer. (Photo by Antonio Saia/LaPresse)

Fabregas, la mentalità vincente del Como

Indubbiamente andare a elencare quanto ha fatto in carriera Fabregas sarebbe superfluo, ma ricordare le squadre in cui ha giocato (Barcellona, Arsenal oltre alla Spagna) è senza dubbio il primo passo per capire da dove derivi questa sua mentalità. Una mentalità ben lontana da quella che è la concezione del calcio in Italia e, dunque, difficile da capire e interpretare.

Ma come ogni progetto che si rispetti ha bisogno di step e di più anni per trovare la sua definitiva continuità. Basti pensare all’Atalanta, i cui obiettivi nei primi anni con Gasperini erano la salvezza e crescere stagione dopo stagione. Termini e modalità differenti, perché in casa Como non si bada a spese ma sempre con l’attenzione rivolta alle caratteristiche consone all’idea di Fabregas.

Nella prima parte di stagione ha pagato sicuramente lo scotto del salto di categoria, ma anche i tantissimi infortuni. Soprattutto quelli di Perrone e Sergi Roberto, fisicità e fosforo per il centrocampo lariano e due insostituibili nella testa dell’allenatore. Ma in questo è stato anche bravo a reinventare un giocatore come Da Cunha e metterlo a fare il mediano davanti alla difesa. Una scelta ben ripagata anche in termini di qualità e numerici viste le prestazioni del brasiliano.

Al netto di questo c’è da fare i conti anche con una squadra giovane che, indubbiamente, deve crescere sotto tanti punti di vista ma che ha dimostrato già di poter dire la sua nel massimo campionato italiano. Anche il mercato invernale ha consegnato nuovi elementi, utili alla causa, e molto giovani (Valle 2004 e Diao 2005). Insomma, il progetto è di quelli da tenere d’occhio e chi guarda ai punti in classifica e non alla sostanza sul campo, beh commette un grave errore di superficialità.

“Chiamatemi perdente”; la provocazione di Cesc

Post Milan, Fabregas, ha detto cose forti che in Italia in tanti hanno interpretato con toni provocatori e mostrando, e sottolineando, come il Come seppur abbia speso tanti soldi sia a pari punti del Verona. Verissimo. Carta canta ed è un dato di fatto, ma la differenza sostanziale sta nel modo in cui vengono affrontate le partite e la crescita che si vuole dare a una squadra.

Da un lato gli scaligeri non hanno l’obiettivo a lungo termine di arrivare in Europa, ma quello di salvarsi ogni anno con tranquillità e poi creare un guadagno vedendo i giocatori migliori a cifre importanti. Legittimo e giusto, ma questo non vuole dire che il Como stia buttando i milioni o abbia idee sbagliate. Anzi. Per quanto mi riguarda quella dei lariani è un’idea condivisibile, ma che in Italia fatichiamo a capire.

Non è nella nostra mentalità perché qui prima si guardano i risultati e poi quello che viene fatto sul campo. Alla lunga diventano una conseguenza perché quando fai sempre bene, prima o poi anche i risultati pagano. Per questo Fabregas vuole portare avanti la sua idea e quando dice “preferisco andare in B con le mie idee” si riferisce proprio a questo aspetto.

“Chiamatemi perdente. Lasciatemi perdere così però, perché si gode nel vedere questi giocatori giovani giocare per la prima volta a San Siro e fare un calcio del genere”. La sua squadra è uscita dalla sfida contro il Milan con una sconfitta ma ha dimostrato, ancora una volta, la voglia di andare a giocarsela a viso aperto, senza paura e con la consapevolezza di poter far male con le proprie armi.

E quest’anno il Como lo ha fatto in tantissime partite, nonostante le sconfitte. Ma è anche vero che è riuscita a vincere gare con Roma e Napoli. E in altre ha pagato per alcuni episodi avversi (vedi il fuorigioco millimetrico di Da Cunha a San Siro). I lariani chiuderanno il campionato andando ben oltre lo scetticismo generale e continueranno nella loro strada di crescita.

Fabregas e il processo del suo Como

Ma la vera frase importante del discorso fatto a Dazn dopo la partita è un’altra. Forse sfuggita o non sottolineata. Ed è quella in cui dice: “Possiamo fare meglio, ma fa parte del processo”. Già il processo. Perché perdere non sempre equivale a una sconfitta (in termini di risultato sì), ma dipende sempre come questa arrivi.

Alla lunga, giocando come il Como, saranno più le partite vinte di quelle perse, ma c’è un tempo preciso per ogni cosa. ‘Tutte le cose belle hanno il passo lento’ e, mattone dopo mattone, i lariani, stanno costruendo la loro casa partendo dalle fondamenta. La base è buona e Fabregas deve dare continuità e forza al suo progetto.

Consapevolezza e idee, oltre alla lungimiranza di credere nel proprio lavoro. Colpisce la sua comunicazione, davanti alle telecamere, ma anche in campo, a fine gara, quando raccoglie a cerchio i suoi ragazzi. In quel momento crea condivisione e dà nuovi stimoli, perché la squadra lo segue, è felice e sa che con un tecnico così può arrivar lontano. L’Europa è un obiettivo concreto e non ci stupiremmo dovessero riuscire a raggiungerla in pochi anni. Ma piano piano capiremo questa mentalità anche qui in Italia…

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