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La metamorfosi di Mikel Merino: il “falso nueve” che Arteta e la Spagna aspettavano

La trasformazione da mezz’ala a fantasista offensivo sta portando Mikel Merino ad un rendimento mai avuto in carriera

ArteUna metamorfosi dalle atmosfere kafkiane. Sembra di essere in un film di Cronenberg, con il protagonista che si trasforma improvvisamente in una mosca. Eppure, il processo di transizione di cui stiamo parlando coinvolge un insospettabile, che del lavoro sotto traccia aveva fatto la sua cifra stilistica. Mikel Merino, nel suo 2025 spaziale, è passato da ottimo mestierante (che in America verrebbe definito “role player”) a variabile imprescindibile per l’Arsenal e la Spagna. 

Mikel Merino Spagna

Mikel Merino Olanda-Spagna Nations League Foto LaPresse

La sinergia Arteta-Mikel Merino

Sarà per la vicinanza nei luoghi di origine o nella cultura calcistica di provenienza, ma il binomio Arteta-Merino è diventato all’improvviso un “dynamic duo” impressionante. Così, dopo una partenza in sordina e con minutaggio da buon rincalzo capace di far rifiatare i titolari, il nativo di Pamplona ha alzato i giri del motore. Accompagnato dalla lettura del tecnico dei gunners, l’ex Real Sociedad ha modificato il suo raggio d’azione e sfruttando gli acciacchi di Havertz si è preso il ruolo di “falso nove”. Un abito che gli calza a pennello, perché gli permette di agitare la partita con le rifiniture, il tocco o la giocata risolutiva. Un cambiamento radicale anche nelle abitudini alimentari: soltanto nel nuovo anno, siamo a 6 gol e 2 assist tra campionato e coppe.

Risultato che acquisisce ancor più profondità se ben contestualizzato: 5 dei 6 centri citati arrivano soltanto nell’ultimo mese, quello in cui ha cominciato a battere territori diversi di campo, con un minutaggio ben più consistente. E’ impressionante infatti il rapporto tra l’intensità in zona gol e i minuti giocati: in linea generale, la media è di 1 timbro ogni 200 minuti disputati in Premier League, su un totale di 21 presenze. Una consistenza spaventosa, che sia condensata in una porzione limitata di partita o da titolare. E soprattutto, un impatto che incide nell’economia della stagione: decisivo contro il Leicester, quando in sei minuti confeziona una doppietta che spazza via le “foxes”; si ripete nel derby contro il Chelsea, quando incorna l’1-0 che mette il timbro di validità sui tre punti.

La Spagna ringrazia

Trovare un punto debole alla “furia roja” è come cercare un difetto in un quadro di Van Gogh, pressoché impossibile. L’unica nota stonata però, nello spartito armonico e letale di De la Fuente, era il ruolo di punta centrale. Proprio lì, in quel tassello, sta cercando di incastrarsi il classe 1996. Ha presenza fisica e centimetri per assorbire i contatti, sui piazzati è un fattore e ha la cifra tecnica per parlare la stessa lingua degli altri interpreti di primordine della nazionale. In più, applicando la proprietà transitiva, cambiando maglia il risultato non cambia: sa essere tremendamente decisivo. Contro l’Olanda, in un claustrofobico minutaggio di 6 giri d’orologio, ha comunque il tempo di marchiare a fuoco il doppio confronto con la rete del 2-2. In poche parole, Mikel Merino è una chiave di lettura nuova, che nessuno aveva visto arrivare, almeno non con questa portata.

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