L’ennesimo ribaltone, in una corsa infinita che ormai prende il titolo di “ricerca dell’identità smarrita”. Il Brasile non si diverte più, non incanta e non brilla nonostante un numero di stelle che potrebbero accendere la volta celeste per anni. La cura? Sicuramente non è stato Dorival, detronizzato e delegittimato già poco prima dei calci di rigore contro l’Uruguay in Copa America, quando il gruppo si chiuse in un cerchio in cui non lasciò spazio al proprio allenatore. Ora, dopo anni di inseguimenti e rifiuti da parte di Carlo Ancelotti, tutto sembra spingere verso Jorge Jesus.
Jorge Jesus, cronache di un vincente
Una vita (calcisticamente parlando) al Benfica, poi il tradimento per sposare i colori della grande rivale, infine il Brasile e le primavere arabe. Per descrivere la propria carriera, Jorge Jesus potrebbe avere bisogno di un romanzo, una sorta di “cronaca di un girovago” che in ogni tappa ha lasciato un pezzo di sé, un’impronta in ogni caso indelebile. Il Benfica appunto, dove ha marchiato a fuoco la storia recente del club: è l’allenatore con più panchine nella storia, nonché vincitore di 10 trofei tra cui 3 campionati nazionali e 5 coppe di lega.
321 partite in cui le “Aguias” hanno volato altissimo, dimostrando una manifesta superiorità sulle avversarie dirette: Jorge è anche terzo per media punti (2,27 per partita) nella storia del club. Ma è anche il periodo in cui la maledizione di Bela Guttman torna ad aleggiare, con due finali di Europa League consecutive perse. Infine, il “bacio di Giuda”: il passaggio ai rivali di sempre dello Sporting dove comunque imprime la sua orma, fermando un’emorragia di risultati che dal 2009 al 2015 aveva visto i biancoverdi non alzare nessun trofeo. Una coppa di lega e una Supercoppa portoghese, poi una breve fuga all’Al Hilal e l’approdo al Flamengo, dove (oltre a vincere il campionato brasiliano) conquista la Copa Libertadores dopo 38 anni di digiuno per i rossoneri.
Al Fenerbahce è soltanto una fugace apparizione, condita comunque da una coppa di Turchia. Infine, il ritorno nel deserto arabo, dove plasma la storia moderna dell’Al Hilal laureandosi immediatamente campione della Saudi Pro League. Per aggiungere un altro dato impressionante, in 93 panchine la media punti è di 2,60 per partita con sole 7 sconfitte complessive e 8 pareggi. Adesso invece, sembra essere il favorito per sedersi sulla panchina del Brasile, viste le difficoltà per i verdeoro di arrivare ad Ancelotti.
Jesus al Brasile, il rapporto conflittuale con Neymar
Soltanto questa frase basterebbe per portare chiunque a ragionare su un aspetto. La “Selecao” è col morale a terra, probabilmente reduce da una delle umiliazioni più epocali della propria storia (il 4-1 subìto contro l’Argentina). Per ripartire, servirebbe solidità, unità di intenti e riaggrapparsi al proprio leader tecnico e carismatico. C’è un solo dettaglio a piazzarsi di traverso in questo puzzle sulla carta perfetto: la frattura forse insanabile nei rapporti tra Jesus e Neymar.

Neymar Jr Santos (LaPresse)
Il miglior marcatore nella storia della nazionale verdeoro infatti, è reduce da una parentesi di carriera spesa proprio al fianco del portoghese, all’Al Hilal. L’apice del conflitto tra i due è stato raggiunto lo scorso gennaio, quando il tecnico ha definito “O Ney” come “non più in grado di giocare al livello a cui siamo abituati”. Parole seguitate dai fatti, visto che il brasiliano è stato poi escluso dalla lista dei convocati per il campionato arabo. Il tempo stringe però, e dopo la cacciata di Dorival il Brasile ha urgenza di trovare una guida tecnica che li traghetti ai Mondiali 2026.
Luca Ottaviano
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