La tempesta perfetta. Potremmo riassumere in tre semplici parole i primi mesi della stagione 2023/2024 del Napoli campione d’Italia, che ha appena richiamato in panchina Walter Mazzarri dopo l’esonero del mai amato Rudi Garcia. Delle scelte, da parte del presidente Aurelio De Laurentiis, che hanno portato ad un ridimensionamento della ‘sua’ creatura dopo un anno meraviglioso concluso con lo scudetto sul petto.
Bisogna dunque partire dal principio. Dall’addio di Luciano Spalletti e soprattutto quello di Cristiano Giuntoli nel ruolo di direttore sportivo. Soprattutto il secondo ruolo è quello rimasto più scoperto: l’ingaggio di Mauro Meluso, a posteriori, sembra sempre più ‘di facciata’ per permettere al presidente di poter prendere pieni poteri. E dunque decidere il destino della sua squadra, da vero e proprio ‘padre-padrone’.
Da qui si arriva alla scelta di Rudi Garcia come tecnico. Una soluzione nel segno della continuità del modulo, si pensava ad inizio anno. Ma con il francese, scelta dovuta ai tanti rifiuti di quest’estate, è rimasto uguale soltanto quello. Il Napoli è diventato un undici spaurito in mezzo al campo, non si è più vista quella voglia di divorarsi il campo che ha contraddistinto l’ultimo anno spallettiano. E gli azzurri sono diventati, piano piano, una squadra che subisce la partita con chiunque, arrivando al disastroso ko con l’Empoli che ha chiuso l’esperienza dell’ex Roma.
E intanto, gli obiettivi si allontanano. Se la vetta della Serie A sembra ormai un miraggio, diventa difficile anche la lotta per un piazzamento in Champions League, tenendo conto che tra il quarto posto degli azzurri ed il quattordicesimo del Lecce ci sono solo sette punti. E anche l’altro obiettivo conclamato, l’accesso alla fase ad eliminazione della massima competizione europea e conquistare l’accesso alla prima edizione del prossimo Mondiale per club, diventava sempre più difficile con una squadra in confusione.
Perché c’è anche la squadra. Il grande patrimonio del Napoli, che ha fatto del player trading la sua arma per essere competitivo. In pochi mesi il valore della rosa è sceso di netto, e non solo dei vari Osimhen e Kvaratskhelia che hanno avuto più di un alterco con il transalpino. A parte Politano (il migliore di questi mesi), tutti gli azzurri hanno avuto un’involuzione, mentre colui arrivato con le stimmate del predestinato, il danese Jesper Lindstrom, ha visto il campo a spizzichi e bocconi. Un cambio era necessario per gli interessi economici del club, spesso preponderanti nel pensiero di De Laurentiis.
E adesso, il romantico ritorno di Mazzarri dopo dieci anni. Il primo artefice di un Napoli da Europa, ricordiamo tutti la squadra tutta grinta e cuore che aveva in Edinson Cavani, Ezequiel Lavezzi e Marek Hamsik i ‘tre tenori’ capaci di impaurire tutti. Ma il tecnico di San Vincenzo è senza squadra da più di un anno e non ha certamente brillato nelle ultime esperienze. Una scelta apparentemente poco sensata per i campioni d’Italia.
Anche se lo stesso Mazzarri, in una intervista di qualche settimana fa, tenne a sottolineare di aver studiato al meglio il 4-3-3 di Spalletti dell’ultima stagione e di essere pronto a riproporlo. Parole che devono aver fatto breccia nel cuore di De Laurentiis, che cercava una ‘soluzione tampone’ per proiettarsi nella scelta dell’allenatore della prossima annata. Poiché quella attuale, al netto delle volontà con poco criterio di un ‘padre-padrone’, sembra essere buttata alle ortiche. Con lo scudetto sul petto, ci voleva un miracolo al contrario.
Foto: LaPresse
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