“Io voglio una squadra che vince 1-0? Mi stufo a sentire dire queste ca**ate”. Un Max Allegri a dir poco di fuoco nel post-partita di Juventus-Nantes di ieri sera. L’1-1 dei bianconeri a quanto pare non è proprio piaciuto al tecnico livornese, con l’appendice finale del rigore non concesso al 96′ che ha gettato ulteriore benzina sull’arrabbiatura. E dire che, per larghi tratti del match valevole per gli spareggi di qualificazione agli ottavi dell’Europa League 2023, la squadra di Danilo e compagni stava provando a gestire proprio il suddetto 1-0. Risultato che torna spesso di moda e che, come si è visto, è cambiato in peggio. Ora tutto sarà rimesso in palio nel match di ritorno che si disputerà tra una settimana (giovedì 23 febbraio ore 18.45) in Francia. L’allenatore della Juventus era particolarmente stizzito dagli appunti mossi dai giornalisti di Sky, un copione già visto, certo, ma una analisi su quanto accaduto in campo merita di essere fatta.
Un ennesimo 3-5-1-1 cervellotico
Partiamo da monte. Leggendo l’undici iniziale scelto, tutti gli addetti ai lavori ed i tifosi in particolare, pensavano o per meglio dire speravano, di vedere finalmente la Juventus in campo con il tanto atteso 4-3-3. Il tridente Chiesa-Vlahovic-Di Maria. Quello che si sogna sin dal mese di agosto. Invece, per larghi tratti dell’incontro, la squadra si è posizionata in campo con il consueto 3-5-1-1 “asimmetrico” con Chiesa e De Sciglio a tutta fascia, Di Maria libero di svariare partendo da centrocampo e Paredes regista al posto di Locatelli. Una scelta apparsa di non semplice lettura e che la sfida dell’Allianz Stadium ha confermato esserlo. La formazione pensata da Max Allegri ha ricalcato il solito canovaccio tattico. Linea difensiva bassissima e ripartenze. Tradotto, 70 metri di campo da attaccare, ma con troppi pochi uomini. Tanta corsa e fatica ma risultati altalenanti. E, come se non bastasse, vedere Chiesa a tutta fascia con compiti anche difensivi, assomiglia da vicino ad un autogol clamoroso. In fase di non possesso l’attaccante anche della Nazionale era il quinto di sinistra di centrocampo, mentre in fase offensiva la squadra passava al 4-4-2, ma la sostanza non cambia.
L’ennesimo abbassamento
Dopo il gol del vantaggio, una vera e propria “perla” firmata dalla premiata ditta Di Maria-Chiesa-Vlahovic, la squadra bianconera è ricaduta nei soliti arci-noti errori, ovvero abbassarsi troppo per gestire risultato e ritmo dell’incontro. Invece di andare a pensare al raddoppio, a mettere sotto un avversario in difficoltà e nettamente inferiore, la Juventus si è fermata e ha lasciato palla e campo ai francesi. Passo dopo passo gli ospiti hanno preso coraggio e per almeno 40 minuti hanno fatto il bello ed il cattivo tempo a Torino, con la sensazione che il gol del pareggio fosse nell’aria. Occasioni, in realtà, pochissime, visto anche il livello della squadra francese, ma è il concetto che non va. L’1-1 effettivamente è arrivato puntuale, regalato da una serie di errori a catena dei bianconeri, contro un avversario che di suo non sembrava in grado di trovare la porta con i propri mezzi. Tanto palleggio e buona volontà, ma la qualità tecnica era due tacche inferiore ai padroni di casa. Errori che non fanno che riproporsi perchè, ormai lo si dovrebbe aver capito, più ti abbassi e ti porti gli avversari in area, più il rischio aumenta.
La filosofia di gioco
Con questo modo di vivere il calcio di strada se ne fa poca. Anche se il tecnico livornese si è arrabbiato quando è stato sollecitato sugli 1-0 come modo di pensare una partita, non è utile fare finta di niente. La Juventus, ogni qual volta passa in vantaggio, preferisce rallentare e pensare al sodo, piuttosto che andare ad “azzannare” partita e avversario. Ai tempi di Antonio Conte per esempio, la squadra zebrata sapeva che bisognava aumentare il bottino segnando anche 3 o 4 reti. Ora la sensazione nettissima è che il tecnico abbia portato la squadra al non osare più, pensando che con la difesa posizionale si possa vincere senza troppi patemi. Nel calcio del 2023 un’idea simile rasenta pressochè l’utopia e i risultati in campo lo confermano. Non sono più i tempi della BBC, quando la Juventus poteva rimanere anche 10 match consecutivi senza prendere gol. Ora tutto è cambiato. Difesa bianconera in primis, ma calcio globale in secundis.
Una involuzione senza fine
Come se non bastasse, i problemi arrivano anche dai singoli. Sia ben chiaro, non tutte le colpe sono dell’allenatore juventino. Diversi giocatori stanno facendo fatica. Su tutti, il neo-campione del mondo Paredes. Che non fosse mai stato il “nuovo Pirlo” lo sapevano anche i sassi, ma da quando è sbarcato a Torino l’argentino ha alternato una prestazione negativa dietro l’altra. Ieri sera nuovamente deleterio in mezzo al campo, quasi nullo in impostazione, molto simile al “trasparente” in fase difensiva, sostituito poi da un Locatelli che, forse, ha fatto quasi peggio del collega di reparto. Un altro tasto dolente è Vlahovic. Ok il gol del vantaggio, ma per il resto il centravanti ha sbagliato troppo. Appoggi semplici, sponde, lanci, controlli. No, così non ci siamo. Ai tempi della Fiorentina il serbo aveva ben chiaro cosa doveva fare e, probabilmente, la Viola giocava un calcio più congruo al suo modo di stare in campo, ma tutte queste imprecisioni a questi livelli non sono ammissibili. D’altro canto, partire sempre con l’azione offensiva a 60 metri dalla porta avversaria non sarebbe facile per nessuno, ma i dettagli da limare ci sono, ed evidenti. Gioco, uomini, mentalità e intensità. Quattro colonne imprescindibili per il calcio moderno. In questo momento in casa Juventus nessuno di questi quattro aspetti è al suo massimo potenziale. Invertire la rotta, dopo 18 mesi di un tran tran simile, non è facile. Il tempo stringe tra campionato e Coppe, con il “Picco” di La Spezia e la “Beaujoire” di Nantes sempre più all’orizzonte…
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