Ci sono giocatori che lasciano un segno indelebile nelle squadre in cui hanno militato. Lorenzo Minotti è senza dubbio uno di questi. Bandiera del Parma, con cui ha scritto pagine indelebili della storia del club, e protagonista anche a Cagliari, ha vissuto momenti di gloria e sfide difficili, portando sempre in campo carisma e personalità.
Nell’intervista esclusiva rilasciata ai nostri microfoni lo storico doppio ex della sfida salvezza in programma domenica all’Unipol Domus (ore 15:00), ha ripercorso il suo passato caratterizzato da trionfi europei ed emozioni incancellabili, vissute con la maglia crociata, ma anche dal legame speciale con la piazza sarda. Ma c’è spazio anche per l’attualità: un’analisi lucida sulla stagione di Parma e Cagliari, sulle insidie della lotta per la permanenza in Serie A
Cagliari Odi et Amo
Se le dico Parma o Cagliari, qual è la prima cosa che le viene in mente?
“Sicuramente Parma è stata la parentesi più bella della mia carriera e anche la più lunga. Sono passati tanti anni, ho raccolto tanti successi e poi ci sono tornato anche come dirigente. Cagliari un pensiero bello perché sono stato benissimo, un pensiero un po’ amaro perché se l’esito di Napoli fosse stato diverso (spareggio salvezza perso contro il Piacenza 3-1 all’allora Stadio San Paolo), avrei avuto un rapporto con Cagliari diverso.
Magari sarei rimasto molto più a lungo perché mi sono trovato bene, adesso per esempio che faccio il commentatore, torno a Cagliari molto volentieri perché è un posto in cui sono stato bene. Tuttavia, al di là del risultato negativo, ho visto anche il documentario su quel famoso spareggio che ha unito molto la tifoseria, l’amore per quella squadra, per quel club, per quella terra. È un qualcosa che resterà nella memoria di chi l’ha vissuta”.
Wembley, la promozione in A e la Coppa Uefa contro la Juve
Se dovesse fare una classifica dei momenti più belli vissuti con la maglia del Parma?
“È difficile scegliere, ma il primo ricordo che mi viene in mente è la vittoria a Wembley da capitano, il primo successo internazionale per il Parma. Inoltre, si chiudeva un ciclo in maniera vincente: ero arrivato al Parma quando era in Serie B, giocavamo davanti a pochissimi spettatori. Ritrovarsi poi nel tempio del calcio mondiale, nel vecchio Wembley, che aveva un fascino e un prestigio particolare, è stato incredibile. Giocare una finale a Londra, con 15.000 tifosi del Parma, ci ha fatto capire di aver fatto qualcosa di straordinario.
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Lorenzo Minotti, doppio ex di Parma e Cagliari (Lapresse)
A tutto questo si aggiunge che ho sollevato una coppa da capitano e ho segnato un gol: è stata senza dubbio la serata perfetta della mia carriera. Detto questo, anche la promozione in Serie A battendo la Reggiana è un ricordo indimenticabile. Fu una festa totale per la città e per i tifosi del Parma, che hanno vissuto insieme le due più grandi soddisfazioni: tornare in Serie A e battere i rivali della Reggiana. Infine, la vittoria in Coppa UEFA contro la Juventus è stata un’altra notte magica. Giocare a San Siro, in uno stadio così importante, davanti a 80.000 spettatori, e riuscire a battere la Juve è stato qualcosa di straordinario”.
Lorenzo Minotti: “Parma e Cagliari in corsa per la salvezza”
Domenica si gioca Cagliari-Parma: che partita si aspetta, secondo lei hanno le carte regola per salvarsi entrambi?
“Ma sicuramente direi che entrambe le squadre hanno iniziato la stagione con un obiettivo che era quello della salvezza e direi che sono pienamente in corsa entrambe, anche se in un momento un po’ delicato della loro stagione. A parte il Genoa che al momento può gestire un discreto vantaggio, e Monza e Venezia, che non so se riusciranno a avere la forza di risalire la classifica, c’è ancora un posto da occupare per retrocedere, ci sono sette squadre che se la giocheranno.
La partita di domenica sarà importantissima perchè adesso gli scontri diretti si fanno più pesanti, vincere o non vincere contro una diretta concorrente ti dà un morale diverso, una convinzione diversa e può creare delle pressioni o toglierle. Sono partite molto delicate che non si possono sbagliare”.
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Parma-Cagliari 2-3, gara d’andata al Tardini (Lapresse)
Parma, ti mancano giocatori d’esperienza…
Il Parma aveva iniziato bene il campionato, over performando contro squadre di alto calibro. Poi qualcosa si è inceppato, secondo lei cosa?
“Io credo che il Parma abbia sfruttato l’entusiasmo che dà una promozione, nel senso che quando arrivi da un campionato vinto c’è un gruppo che ha determinati equilibri, c’è un’energia molto positiva, c’è anche uno spirito competitivo, c’è tanto coraggio nell’affrontare delle sfide nuove, soprattutto in un campionato più importante. E poi c’è il fatto che magari gli avversari ancora non ti conoscono benissimo e all’inizio un po’ l’effetto sorpresa può funzionare.
Il Parma l’ha sfruttato, adesso diciamo che col passare delle giornate vengono fuori un po’ quelli che sono i pregi ma anche i limiti di questa squadra e secondo me il limite grosso è che probabilmente mancano un paio di giocatori con una certa esperienza con un certo carisma, che aiutino la squadra a gestire quei momenti della gara e i momenti della stagione in cui conta la personalità.
Condivido la politica di una squadra giovane, di una squadra fatta di talenti da coltivare, però per rimanere in Serie A poi è sempre importante anche avere, io dico due, tre, quattro giocatori che siano dei punti fissi sui quali sia i compagni sia l’allenatore possono appoggiarsi perchè conoscono bene la categoria”.
Ha fatto bene la società a confermare Pecchia?
“Ma io credo di sì. Pecchia ha fatto un ottimo lavoro, sta andando avanti per la propria strada secondo quello che il club ci sta chiedendo. La filosofia di gioco non la metto in discussione. Io sono convinto che se il Parma avesse avuto, per esempio, soprattutto nel reparto difensivo, un paio di riferimenti con più esperienza, come ad esempio Ismajli e Luperto all’Empoli, Mina a Cagliari, la squadra avrebbe potuto evitare qualche passaggio a vuoto, come nella gara d’andata quando era riuscita a pareggiarla, salva poi prendere un altro gol nei minuti finali”.
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Fabio Pecchia Parma (© Lapresse)
…e senso di appartenenza
Che differenza c’è tra il Parma della prima promozione in Serie A e il Parma attuale, neopromosso con Pecchia?
“Credo che il mercato di allora sia stato costruito con criteri diversi. In difesa, ad esempio, avevamo un giocatore come Grün, che, se non erro, aveva già disputato tre Mondiali. Era un calciatore di grande carisma ed esperienza, elementi fondamentali per far crescere me, Apolloni e altri compagni, dandoci certezze sia tattiche che di personalità. Probabilmente, quel gruppo si era consolidato nel tempo: molti di noi avevano già vissuto stagioni di Serie B a Parma, sviluppando così un forte senso di appartenenza. Questo ci ha aiutato molto. Inoltre, c’erano giocatori come Zoratto, Cuoghi, che garantivano maturità e capacità di gestione nei momenti difficili, qualità imprescindibili per ogni squadra. È vero anche che in quel Parma militavano diversi calciatori destinati a carriere importanti: vedremo se i giovani talenti attuali riusciranno a raggiungere quegli stessi livelli. Alla fine, la differenza può essere anche qualitativa“.
A livello di rosa forse il Cagliari è la più forte tra le avversarie. Monza e Venezia vivono una situazione difficile, forse la vera avversaria del Parma per la salvezza è il Verona?
“Il Verona è una squadra che è cambiata molto. L’anno scorso ha compiuto un vero miracolo: ha smantellato una rosa a gennaio e ne ha costruita una nuova con giocatori che si conoscevano poco, ma ha comunque ottenuto un risultato straordinario. Ora ha acquisito esperienza, ha già centrato diverse salvezze e sa come affrontare certe partite. Per questo, ogni volta che sembra in difficoltà riesce a rialzarsi.
È un avversario insidioso, ma lo sono anche Empoli, Lecce e Como, squadre che, sulla carta, dovranno lottare per la permanenza in A. Se analizziamo le rose, non ci sono grandi differenze tra queste squadre: ciò che farà la differenza sarà la forma fisica, la compattezza del gruppo e la capacità di gestire i momenti chiave della stagione. Per il Parma sarà fondamentale recuperare giocatori come Bernabé e Bonny, che possono alzare il livello qualitativo della squadra e fare la differenza”.
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Davide Nicola, Cagliari (Lapresse)
Lo stadio Tardini e l’idea di Krause
Storicamente il Tardini è sempre stato un fortino per il Parma, e un campo difficile, invece, per le avversarie. Da cosa dipende il trend negativo davanti ai propri tifosi: troppa pressione?
“Secondo me, il trend negativo del Tardini è legato a un aspetto tattico. Il Parma gioca sempre allo stesso modo, sia in casa che in trasferta, come ha spiegato bene Pecchia. La differenza la fanno gli avversari: al Tardini molte squadre scelgono di difendersi e ripartire in contropiede, una strategia adottata spesso da formazioni che lottano per la salvezza, come Empoli, Lecce, Como, Venezia e Monza. Squadre che faticano a segnare, ma che diventano più pericolose quando possono sfruttare gli spazi concessi da una squadra sbilanciata. Questo espone il Parma a ripartenze e contropiedi che mettono in evidenza alcune lacune difensive, legate soprattutto all’esperienza e alla lettura delle situazioni di gioco. È importante mantenere un certo stile di gioco, ma bisogna anche saper gestire i momenti difficili ei risultati, evitando di perdere punti negli scontri diretti”.
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Krause, Parma (Lapresse)
A livello dirigenziale come giudica il lavoro di Krause: vede un po’ di senso di appartenenza della proprietà americana a questo club?
“Non conosco nel dettaglio la gestione dirigenziale e sportiva del Parma, perché si sono alternati diversi dirigenti stranieri che non conosco personalmente. Non posso giudicare il loro operato né gli obiettivi che la proprietà ha posto loro. Tuttavia, bisogna riconoscere che Krause ha investito molto ed è intervenuto in un momento in cui i conti del Parma non erano floridi, evitando situazioni critiche già vissute in passato.
Detto questo, le proprietà americane hanno un approccio gestionale diverso, come si vede anche in club come Roma, Milano, Venezia e Spezia. Penso che quando si prende in mano una società, sia fondamentale conoscere la storia del club e il territorio in cui opera. A Parma, il legame tra tifosi, squadra e città è sempre stato determinante: nei momenti di grande unità sono arrivati i migliori risultati. Mi auguro che la proprietà sappia trovare un equilibrio tra il proprio modello di gestione e l’identità storica del Parma, perché ogni città vive il calcio in modo diverso.
Gestire una società come il Parma non è come gestire Juventus o Napoli: bisogna modellare la strategia sulla base della storia e dell’ambiente per creare unione, senso di appartenenza e un forte supporto nei momenti difficili. In Serie A nulla è scontato e questo sarà un fattore chiave”.
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