Zdenek Zeman, nello stereotipato mondo del calcio, dove tutti pensano solo a vincere, equivale alla figura di un artista nel mondo di tutti noi comuni mortali. Il tecnico boemo, come Van Gogh e Picasso nella pittura o Baudelaire, Rimbaud e tutti i “poeti maledetti”, non è mai sceso a compromessi. E il suo calcio, infatti, è sempre stato poesia. Il suo Foggia, la sua Lazio, la sua Roma e infine il suo Pescara. I suoi quattro capolavori. Opere d’arte, più che squadre, capaci di giocare e divertire come pochissime altre nella storia del gioco. Poco importa se non hanno mai vinto nulla.
O meglio, hanno vinto poco: due campionati di Serie B. Uno, nel 1990-91, se lo porta a casa il “Foggia dei miracoli” di Signori, Baiano e Rambaudi. L’altro, nel 2011-12, oltre 20 anni dopo, il Pescara di Insigne, Immobile e Verratti. Un lungo periodo di tempo, tra un trionfo e l’altro, che rende bene l’idea di come il gioco di Zeman sia senza tempo e senza età. Un’altra caratteristica che lo rende unico. Così come la sua lingua velenosa, che non si ferma davanti a nulla (vedasi accuse sul doping e a Moggi, che per lui non passano mai di moda). O lo ami o lo odi, nella sua unicità. Oggi, a 75 anni, riparte per l’ennesima volta da Pescara. Per lui si tratta della terza esperienza in riva all’Adriatico dopo quelle del 2011-12 e del 2017-18.
Dal Foggia alla Roma, un’unica via: il 4.3.3
Il mito di Zeman e del suo calcio champagne nasce a Foggia. L’intuizione del patron Pasquale Casillo porterà la società a vivere le pagine più belle nella propria storia. Con il boemo in panchina, dopo la miracolosa promozione dalla B, tra il 1992 e il 1994 i rossoneri stupiranno il massimo campionato italiano chiudendo per due volte al nono posto. Il tutto grazie alle magie di un tridente funambolico. Il centravanti, col numero 9, è Francesco Baiano, detto Ciccio. Napoletano verace, si muove su tutto il fronte d’attacco e sa far giocare la squadra, come piace a Zeman. Ma sa fare anche gol, tanto per gradire: 22 nell’anno della promozione in Serie A.
Sulle ali ci sono Roberto Rambaudi e Giuseppe Signori. Il primo per facilità di dribbling e capacità di cross ricorda un altro Roberto più famoso, Donadoni. Insomma, è un’ala vecchio stampo, ruolo in cui l’Italia ha fatto scuola per anni. Il secondo, invece, proprio in quegli anni si sta rivelando al mondo come uno dei piedi sinistri più formidabili della storia del calcio. Almeno italiano. Ancora oggi, con 188 gol, è il decimo marcatore di tutti i tempi in Serie A.
Ma il segreto del calcio di Zeman non sta solo negli attaccanti. Il suo calcio è un 4.3.3 fatto di pressing, linea del fuorigioco altissima con i difensori che si alzano fino a metà campo, tagli e inserimenti dei centrocampisti a non finire. Un calcio totale, che sfrutta le catene di 3 uomini che si creano sugli esterni (terzino, mezzala, ala) per palleggiare e trovare i tagli in profondità delle altre due punte o della mezzala opposta. Un calcio spettacolare ma al tempo stesso rischiosissimo e dispendioso dal punto di vista fisico.
Le sue preparazioni atletiche estive in stile militare, con 30 km di corse nei boschi tutti i giorni, sono ancora oggi famose. E nonostante questo i suoi ragazzi lo hanno sempre amato. Da Signori a Totti, passando per Immobile e Insigne, l’allenatore boemo è stato visto da tutti come un “maestro”. Che ti insegna e ti fa divertire. E ti fa vivere il calcio come qualcosa di bello, qualcosa di cui godere.
La Lazio e quel 2° posto dietro la Juve
Se a Foggia si parlò di miracolo, quando nel 1994-95 Zeman passò alla Lazio nacque Zemanlandia. Con Signori, Rambaudi, Casiraghi e Boksic davanti, un pacchetto arretrato composto da Negro, Chamot, Cravero e Favalli (nonché un giovanissimo Nesta) e una mediana che poteva contare sulla corsa di Fuser, la classe di “Gazza” Gascoigne, gli inserimenti di Winter e le geometrie di Di Matteo, la sua Lazio arriva seconda dietro alla Juventus regalando spettacolo su tutti i campi d’Italia. Lo scudetto sfugge solo per mancanza di continuità, questa sconosciuta. I biancocelesti alternano piogge di gol a sconfitte inaspettate e alla fine i punti di distacco sono addirittura dieci: 73 a 63. La squadra di Marcello Lippi è troppo costante, viaggia come un treno e non lascia scampo nemmeno al Parma di Nevio Scala.
Resterà questo il miglior piazzamento in Serie A di una squadra allenata da Zeman. L’anno seguente, sempre con la Lazio, sarà terzo posto poi arriverà l’esonero e il passaggio sull’altra sponda del Tevere, quella giallorossa, nel 1997-98. Una prima stagione in pieno stile Zeman, vissuta senza compromessi, tra risultati pirotecnici (5-0 al Milan e 6-2 al Napoli) e stop inopinati (due pareggi con il Piacenza, uno col Vicenza) che costeranno ai giallorossi la possibilità di giocarsi lo scudetto, quarti alla fine. Copione che si ripeterà l’anno successivo: calcio sublime, gol a grappoli, scivoloni inattesi e Roma quinta. Ma che bello veder giocare quella squadra, con Cafu e Candela terzini, Aldair e Petruzzi centrali, Di Biagio, Scapolo e Tommasi in mezzo e il tridente Totti, Delvecchio, Balbo là davanti. Una gioia per gli occhi
Pescara atto III, che lo show abbia inizio
Ora Zeman ci riprova. Riparte dalla Serie C con il Pescara di Daniele Sebastiani, lo stesso patron che lo aveva voluto dieci anni fa per riportare i biancazzurri in Serie A. Nel 2011-12 fu spettacolo, come sempre. Sotto la guida del boemo maturarono e assursero al grande calcio ragazzi come Verratti (finito l’anno dopo al PSG), Insigne e Immobile, quell’anno capocannoniere con 28 reti. Andò meno bene la seconda esperienza, vissuta a cavallo di due campionati tra il 2017 e il 2018: prima la retrocessione in B, poi l’esonero a marzo dell’anno successivo.
Oggi la missione è forse più complessa ma il direttore sportivo Daniele Delli Carri crede fermamente in Zeman. Lo ha voluto a tutti i costi, convincendo anche Sebastiani che dopo l’esonero del 2018 e la pubblicazione del libro “La bellezza non ha prezzo” aveva avuto da dire col boemo. I Delfini sono terzi a quota 48 e devono difendersi dall’assalto di Foggia (già, proprio lui), Cerignola, Picerno e Monopoli, tutte racchiuse in 6 punti. Ma per andare ai playoff bisogna arrivare tra le prime tre. Noi ne siamo certi: anche se c’è da difendersi, Zeman andrà all’attacco. A partire da sabato 4 marzo, contro la Juve Stabia. E’ il suo credo, il suo mantra. Zemanlandia è fatta così, non ci sono compromessi. Prendere o lasciare.
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