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Serie A

Italia maestosa in Europa: alla portata il poker in semifinale. Cos’è cambiato nei club di Serie A?

Dopo tanti anni il calcio italiano è di nuovo protagonista nelle coppe. Merito di società e allenatori, che non snobbano alcune competizioni ritenute (ingiustamente) minori. Ma anche della fortuna

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La Roma impegnata in Europa League contro il Feyenoord
Cristante, centrocampista della Roma, in azione in Europa League contro il Feyenoord (©LaPresse)

Il poker è possibile: quattro italiane in semifinale tra Champions, Europa e Conference League. Sarebbe la prima volta, dopo tanto tempo, che l’Italia ci riesce. Inter, Milan, Napoli, Juventus, Roma e Fiorentina. Tutte hanno ancora chance di qualificarsi per il penultimo atto della competizione europea alla quale stanno partecipando. Chi più, chi meno. E’ una vita che la Serie A non portava così tante squadre avanti nelle coppe continentali. Il vento è cambiato? Forse. Oppure è un caso. E l’anno prossimo torneremo a guardare spagnoli e inglesi che si sfidano per i vari trofei internazionali. Chissà.

Se analizziamo la situazione del nostro calcio nulla è cambiato. Le casse delle big sono sempre scarne, tanto che sul mercato devono agire con lungimiranza e immaginazione. Gli stadi sono obsoleti, anche se qualcosa si muove grazie alla candidatura dell’Italia per ospitare gli Europei del 2032 (se non cogliamo nemmeno questa occasione…). Il merchandising latita e non è a livello di molti altri club europei. Il modo di giocare, seppur in parte più propositivo, è più o meno lo stesso di sempre. Almeno in Italia: tanti falli, poca intensità, tecnica che spesso lascia a desiderare. Spiegare i motivi per cui abbiamo portato così tante squadre avanti in Europa non è semplice.

La Champions e il fattore fortuna

Il primo, il più banale, si chiama destino. A volte basta poco per far girare una partita di pallone. Anche un semplice episodio. E quest’anno, a essere onesti, alcune squadre italiane sono state più fortunate che in passato. Il Milan, l’anno scorso bersagliato dagli arbitri in Europa, ha fatto il suo in un girone non irresistibile (dove ha rischiato di compromettere tutto prendendo schiaffoni sia all’andata che al ritorno dal Chelsea, che non sta proprio volando in Premier) e poi ha compiuto l’impresa contro il Tottenham di Antonio Conte. Ecco, la dea bendata qui ha lavorato bene, perché se c’è un tecnico che tutti vorrebbero affrontare in Europa è proprio lui. Che al di fuori dei confini nazionali fa sempre tanta fatica. Così è stato ancora una volta.

L’Inter, invece, ha fatto vedere grandissime cose nel girone (vittoria e pareggio contro il Barcellona decisivi per passare il turno nel “girone della morte”) per poi rischiare grosso col Porto. I meriti dei nerazzurri sono indubbi, ma tra le parate di Onana e gli errori di mira dei lusitani ci potremmo scrivere un libro. Poi ci si è messo il sorteggio, che ha portato in dote il Benfica relegando dall’altra parte del tabellone Real Madrid, Manchester City e Bayern Monaco. Come vogliamo chiamarla?

A conti fatti, dunque, delle tre squadre impegnate in Champions solo il Napoli non ha beneficiato della buona sorte. Al contrario, la squadra di Spalletti ha giocato un calcio paradisiaco distruggendo ogni avversario che gli si è parato dinanzi, per poi ritrovarsi ad  affrontare i quarti di finale nelle peggiori condizioni possibili: il derby fratricida col Milan, difficilissimo mentalmente per un gruppo giovane e già poco avvezzo all’Europa, senza Osimhen e Simeone. Una sfortuna degna di una macumba, alla faccia della scaramanzia napoletana. Ciò non toglie quanto di buono fatto dagli azzurri: anche se dovessero uscire nei quarti (ed è tutto ancora apertissimo) i partenopei resterebbero l’unica squadra italiana ad aver giocato alla grande in campo europeo.

Tre squadre specchio dei loro mister 

E le altre? Beh, la Juventus può centrare la semifinale di Europa League dopo essere uscita malamente dalla Champions, è bene ricordarlo. E a parte la gara di ritorno con il Nantes, vinta 3-0 a domicilio con un Di Maria straripante, non ha di certo incantato. Anzi. Anche nell’andata vinta 1-0 con lo Sporting Lisbona ha rischiato di subire il pareggio nel finale, soffrendo per larghi tratti il palleggio e la personalità dei lusitani. Come dire: siamo lontani dagli standard di una big del calcio europeo. Eppure parliamo della Juve. Ma a Massimiliano Allegri sembra andare bene così.

La Roma, invece, col Feyenoord ha disputato la sua solita partita, accorta e determinata. Ma complice gli infortuni pesanti di Dybala e Abraham, e un po’ di sfortuna (il palo su rigore di Pellegrini e la traversa di Ibanez), è tornata nella capitale con una sconfitta di misura. Le possibilità di ribaltare il risultato ci sono tutte, e speriamo che la dea bendata questa volta sorrida ai giallorossi, ma in questo caso il segreto del successo della Roma ha un nome e un cognome: José Mourinho. Il tecnico portoghese è uno specialista. Le ha quasi sempre vinte, ovunque sia andato. Con il Chelsea ci è andato vicino, con il Real Madrid ha fallito. Ma resta l’uomo delle coppe.

Infine c’è la Fiorentina di Vincenzo Italiano. E qui un plauso va fatto all’allenatore, che non ha snobbato una Conference League che da molti viene considerata una competizione di basso livello che non merita grosse attenzioni. Il tecnico, invece, ci ha messo tanto del suo per arrivare a un passo dalla semifinale. Il 4-1 sul campo del Lech Poznan è un’ipoteca che sa di sentenza. Ma prima di questa partita la Viola ha vissuto un lungo percorso di crescita, tra campionato e coppe, che sta portando frutti su tutti i fronti. E il calcio messo in mostra ultimamente da Biraghi e compagni è di quelli moderni, propositivo e audace quanto serve per far bene in Europa.

E’ questo, forse, il piccolo grande cambiamento che servirebbe alla Serie A per far sì che quello di quest’anno non resti un caso isolato ma sia l’inizio di una nuova epoca: giocare con coraggio. Semplice e un po’ banale. Ma a quanto pare anche molto complesso.

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