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Coppe Europee

Qual è stata la migliore italiana in Europa? Promosse e bocciate nell’andata dei quarti

Il pagellone dei club di Serie A impegnati nella tre giorni di Champions, Europa e Conference League

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Sei squadre italiane ai quarti delle coppe europee, cinque match, nessun pareggio: perdono la Roma in Europa League contro il Feyenoord (1-0) e il Napoli (stesso risultato) nel derby italiano di Champions League contro il Milan.

Una vittoria, quella rossonera, cui si sommano quelle di Inter (2-0 contro il Benfica in Champions), Juventus (1-0 sullo Sporting Lisbona in EL) e Fiorentina (4-1 al Lech Poznan in Conference).

IL PAGELLONE EUROPEO DELLE ITALIANE

INTER 7 – I nerazzurri escono da una situazione estremamente complicata battendo in trasferta 2-0 il Benfica. La squadra di Simone Inzaghi non convince, si specchia nelle sue paure, ma alla fine piega i portoghesi in modo più convincente rispetto al ritorno contro il Porto. La saggia selta di Brozovic regista in grado di resistere al pressing avversario è risultata decisvia, anche se più figlia dell’assenza di Calhanoglu che di convinzione di Inzaghi che continua a non convincere. Il valzer delle punte sembra innervosire più che motivare gli attaccanti e alla fine è la riscoperta di Bastoni – proiettato in avanti con costanza – a decidere il match, insieme alle parate di Onana, un’altra scelta sofferta ma decisiva del tecnico interista. Alla fine, la cosa che più conta è l’ipoteca sul passaggio del turno, ma l’Inter deve compiere altri passi per riprendere un filo interrotto col derby dello scorso anno, anche se il – parziale – passo indietro di Inzaghi può giovare. Rediviva.

MILAN 6,5 – Non è sembrato vero a Stefano Pioli di poter giocare un’altra partita come quella del Maradona. Certo contro un Napoli più accorto, che ha provato a modificare qualcosa senza cambaire davvero se stesso. E allora ben ritrovato trequartista di distruzione (e marcatura: su Lobotka e sul tabellino), ben ritrovati strappi palla al piede in campo grande. L’allenatore del Milan, in mezzo ad una difesa ordinata, ha pescato anche un paio di prestazioni sopra la media: Mike Maignan tra i pali e Brahim Diaz sulla destra. Mischiando fortuna (vedi occasioni mancate dai campani) e sfortuna (leggasi soprattutto traversa di Kjaer), Pioli ha provato a incartarsi da solo inserendo Saelemaekers (e non un Pobega), venenedo salvato da un’inferiorità numerica che ha mascherato i problemi del Milan con un trequartsita meno di contenimento. Rinfrancato.

NAPOLI 5,5 – L’assenza di Osimhen (soprattutto) e Simeone, gli acciacchi di Raspadori costringono Luciano Spalletti a schierare Elmas centravanti. Ma invece che dare imprevedibilità, la strategia azzurra si è rivelata quanto di più prevedibile potesse esserci. L’atteggiamento tattico favorisce il Milan, con i campani che apparecchiano San Siro perché la squadra di Pioli possa mettersi comoda nella propria metà campo per strappare in conduzione quando più le aggrada. Post sosta per le Nazionali, il Napoli – complici le assenze – non ha ancora ritrovato la forza per imporre a prescindere la propria visione del mondo calcistico. Se con il Lecce era bastato mostrare i muscoli e mandare i difensori in avanscoperta per soprendere la retrogaurdia avversaria, non cosiì in Champions, complice un Maignan superlativo. Servizievole.

ROMA 5 – Non è bastato il carisma di José Mourinho a raddrizzare un pomeriggio storto, iniziato male sotto un sole calante in quel di Rotterdam e finita peggio. Ko 1-0 dal Feyenoord, il palo su rigore, l’infortunio di Dybala, l’unico in grado di non fare inghiottire nelle tenebre olandesi che calavano sulla Roma al De Kuip man mano che i minuti passavano. Alla fine, Mourinho, ha provato a impacchettare il risultato, consapevole che in serate così le cose possono solo peggiorare. E allora meglio limitare i danni, fare in fretta le valigie e tornarsene a Roma dove si riparte senza doversi inventare rimonte clamorose, ma dovendo mettere sul prato dell’Olimpico una prestazione offensiva che possa anche solo far ipotizzare di segnare una rete. Dannata.

JUVENTUS 6 – I bianconeri vedono poco la palla, poco la porta, ma vedono anche e soprattutto il passaggio del turno. L’1-0 di stampo prettamente allegriano restituisce una Juventus che soffre qualsiasi tipo di complessità tecnico-tattica che possa essere messa in campo dagli avversari scommettendo sulla propria capacità di resistenza e di convertire in rete le (rare) chance costruite. Un successo costruite più sui portieri (l’errore di Adan che regala la gioia europea a Gatti e le parate decisive prima di Szczesny e poi di Perin) che su una proposta convincente. A pesare, contro lo Sporting Lisbona, è stato il maggior peso specifico dei propri interpreti, aumetata vertigionasmente quando sono iniziati i cambi che hanno abbassato il livello dei lusitani. La Juventus appare un gigante in difficoltà tecnico-tattica, ma troppo grande per fallire anche in Europa League, ma per arrivare in fondo servirà qualcosa di più del compitino svolto facendo il minimo indispensabile. Sufficiente.

FIORENTINA 8 – Qualcosa è cambiato nella testa e nelle gambe della Fiorentina che ha trovato in Arthur Cabral e nella posizione ibrida di Barakventura (i due, Barak e Bonaventura, si alternano in quella posizione quasi fossero una sola entità per quanto concretamente siano alternativi l’uno all’altro) le chiavi per far decollare una squadra che non riusciva a librarsi in volo nonostante una mole di gioco di eccellente fattura. E ora inizia a vedersi: nel filotto in campionato, nell’approccio alla semifinale di andata di Coppa Italia con la Cremonese, nella notte di Poznan.  La squadra di Vincenzo Italiano si è concentrata su se stessa, sulle sue cose, come se il momentaneo 1-1 non fosse mai avvenuto. Bella ed efficace, la Viola è tornata a sognare, ma lo può fare poggiandosi a fondamenta tattiche solide.  Liberata.

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